Nata dalla volontà di produttori e ristoratori di valorizzare un prodotto tipico della gastronomia vercellese, è stata presentata, martedì 30 gennaio, la "Comunità Slow per il Salam Vecc d’la Dòja".
Ad aver finora aderito alla Comunità sono i produttori Giovanni Binelli (“Salumificio Tomasino s.r.l.” di Tricerro); Edoardo Invernizzi (“Az. Agr. Invernizzi” di Casalrosso); Barbara Malinverni e Marco Michelone (“Az. Agr. Malinverni” di Olcenengo); Stefano Marcato (“Salumificio Marcato” di Tronzano); Francesco Ticozzelli (“Az. Agr. Ticozzelli” di Vinzaglio); Paolo Bergamini (“Az Agr. Bergamini” di Formigliana); Claudio Cagliano (salumificio “Cagliano” di Tronzano) e i ristoratori Fabio Villa (“Osteria del Vecchio Asilo” di Tricerro); Laura Marotta e Rito Marotta (“Salsamenteria di Via dei Mercati” di Vercelli); Sandra Chinelli (“Ristorante Massimo” – “Il Convento” di Trino) e Davide Posillipo (“Osteria della Mal’Ora” di Tronzano) oltrer a Giovanni Caramello della Pro Loco “Famija Trisereisa” di Tricerro e Massimo Bignardi e Sara Rocutto della Comunità Slow Food di Vercelli. Nella tradizione vercellese la conservazione nello strutto degli insaccati di maiale è stata dettata da un lato dalla necessità - la troppa umidità non consentiva di garantire una lunga conservazione del prodotti - dall'altro dalla possibilità di trasferire sapori e profumi ai prodotti, come ancora oggi si può facilmente verificare degustando salami "giovani" e "stagionati".
E se un tempo l'aggettivo "vecchio" era riservato a salami che avessero avuto una stagionatura di sei mesi o più, nel corso del tempo anche i gusti del consumatore sono cambiati: «Oggi il consumatore del salame sotto grasso cerca prodotti più freschi - spiega Massimo Bignardi, referente della condotta Slow Food di Vercelli - ma la tradizione prevedeva per il salam d’la doja una conservazione sotto grasso di almeno sei mesi». Da queste riflessioni sono partiti i produttori, che, dopo lunghe riunioni hanno concordato sulle caratteristiche di composizione del prodotto che si prefiggono di tutelare e diffondere.
«Per essere Salam Vecc d’la Dòja - spiega Giovanni Binelli, portavice della Comunità - non basterà un invecchiamento minimo di sei mesi: la comunità si è infatti posta delle regole condivise anche rispetto agli ingredienti possibili all’interno dei salami. E quindi sì alla carne di suino italiano, al sale, al vino rosso, alle spezie, mentre, oltre ai solfiti, gli antiossidanti e conservanti dovranno essere limitati all’ascorbato di sodio (E301), nitrato di potassio (E252), e nitrito di sodio (E250)».
Tra gli obiettivi della comunità c’è quello di esportare al di fuori dei confini della piana risicola vercellese la cultura gastronomica del territorio: per questo è stato realizzato un logo specifico da apporre ai salami che rispettano le caratteristiche stabilite per il Salam Vecc e si stanno studiando più occasioni di presentazione del prodotto. E, per il medesimo motivo, si è creata un'alleanza con i ristoratori che proporranno questo prodotto nei loro menù, creando anche eventi a tema. Tra questi, in fase di presentazione, il "Panissa day" in programma il prossimo autunno, al quale stanno lavorando Laura Marotta e Fabio Villa, e che ha raccolto anche il plauso di Fipe Ascom, rappresentato dal presidente Jose Saggia.
Prima occasione per presentare la Comunità sarà il pranzo dell'11 febbraio, tutto dedicato al maiale e ai suoi prodotti.
I progetti di Slow Food sul territorio, intanto, proseguono con incontri dedicati alla conoscenza dei prodotti tipici del territorio, ma anche delle nuove colture che si affacciano sul panorama di un mondo agricolo che sta mutando: un esempio sono le produzioni di olio che stanno affacciandosi in Monferrato e anche nel Vercellese. «Slow Food - spiega Roberto Sambo, responsabile dei Presìdi Slow Food di Piemonte e Valle d'Aosta - sta portando avanti progetti di valorizzazione e salvaguardia dei prodotti, secondo i cardini del buono, pulito e giusto che hanno sempre guidato la nostra associazione».