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Politica | 19 dicembre 2018, 02:04

Gentiloni: «Alla rabbia non si risponde»

CHIAMPARINO (CHE RUBA LA SCENA ALL'EX PREMIER): «DALLE REGIONALI IN PIEMONTE PUO' PARTIRE UN IMPORTANTE SEGNALE NAZIONALE»

Il presidente Chiamparino, Roberta Martini, Paolo Gentiloni

Il presidente Chiamparino, Roberta Martini, Paolo Gentiloni

Alcuni ragazzini chiedono alla vigilessa: «Perché c'è tanta polizia così?». «C'è un personaggio importante» risponde lei.

Sede dell'Ascom, via Lavini, l'ex premier Gentiloni presenta il suo libro “La sfida impopulista”.

È lui il personaggio importante, quello visto cento volte in tv.

Al suo fianco c'è anche il presidente della Regione, Sergio Chiamparino che, senza farlo apposta, gli ruba la scena. Tre volte almeno.

Dopo la presentazione della serata dell'ex sottosegretario Luigi Bobba, la caporedattrice della Stampa, a sorpresa (giustamente) si rivolge a Chiamparino, affinché parli di Piemonte e delle imminenti regionali. Lui fa una smorfia, come a dire che forse non è il caso. Roberta Martini, come per incoraggiarlo gli dice che «basta un telegramma».

«Se vuole un telegramma posso dirle che la penso con affetto» dice, tra gli applausi. La politica ha bisogno anche di questo.

Becca applausi anche nel finale “il Chiampa”. Il consigliere regionale Gabriele Molinari dice che è giusto anche “incazzarsi” per replicare al populismo, e che la politica fiscale di Chiamparino verrà criticata aspramente (in campagna elettorale). Il presidente della Regione lo interrompe e dice: «Come diceva un filosofo, che poi sarebbe mio nonno, le bocce si giocano quando sono ferme».

Irriverente sempre, Sergio Chiamarino. Quando Gentiloni fa un raffronto tra la politica urlata dei populisti a quella sobria, corroborata dai fatti, della Merkel, di Obama, di Prodi e... di Chiamparino, lui, quando sente il proprio nome dice «Esageruma nen».

Quando parla di Piemonte, però il registro cambia, almeno un po'. Il Pd e alleati potrebbero rialzare la testa proprio con le Regionali piemontesi del 2019.

«Se il centrosinistra riuscisse nel “miracolo del Giaunduja” sarebbe un bel segnale per la politica nazionale» dice.
(Vien da pensare, a sentirlo, che potrebbe essere lui, un settantenne che dimostra vent'anni di meno, un leader nazionale).

«Il Piemonte ha bisogno di una politica sostenibile – dice ancora il presidente Chiamparino – perché siamo più indietro rispetto alle altre regioni del Nord, e siamo più inquinati, più vecchi. Abbiamo bisogno di una politica di investimenti verso gli assi della logistica, e dobbiamo investire in ricerca e università, perché investire nell'università significa ringiovanire».

Una stoccata, infine, al ministro dell'interno Salvini «che ha stretto la mano a un capo degli ultras condannato per droga. Ma cosa deve fare di più un Ministro degli interni per risultare inaffidabile?».


«L'ondata populista non va assecondata, va fermata. Ma noi non abbiamo colto quando andava fatta. Ci siamo illusi di cavalcarla» ha detto l'onorevole Luigi Bobba presentando l'ex premier e il suo libro.

Un libro che tocca tanti temi, quello di Paolo Gentiloni – dalla politica estera («come cartina di tornasole per capire l'Italia» ha puntualizzato Bobba), ai primi cittadini dei centri terremotati («grandi sindaci spesso lasciati soli» ha detto Gentiloni), all'Europa: «Senza Europa saremmo più poveri e meno liberi», ha detto ancora.

Ma la lingua ha battuto sul dente che in questo momento fa più male: il populismo al governo.

«I populisti? Punto primo, vanno presi sul serio, punto secondo, non bisogna fare come loro. Loro fanno discorsi semplici, banali, per loro è importante trovare un nemico e additarlo. Si cerca il confronto esasperato, magari con falsità e insulti. Non facciamoci prendere dalla moda del momento, e cioè di chi le spara più grosse, alla Trump. Ricordiamo l'insegnamento di Obama: se alla rabbia rispondiamo con la rabbia facciamo il loro gioco».

Infine ha parlato dei pericoli che sta correndo la democrazia, oggi.

«I cinque stelle sono per una democrazia immediata, utilizzando la rete. Il primo ministro ungherese, invece, è per una democrazia illiberale, una democrazia che insomma non preveda né l'autonomia della magistratura né la libertà di stampa. Tutto questo è molto pericoloso. A chi cavalca lo slogan “prima gli italiani” rispondiamo con la nostra identità culturale, noi siamo i figli dell'Italia rinascimentale, dell'Italia delle Repubbliche marinare, degli scambi, del commercio. Guai a trasformarci in uno stato piccolo, cattivo e isolato».



Remo Bassini

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