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Arte e Cultura | 26 gennaio 2022, 20:05

L’ultima notte di Raul Gardini

Intervista a Gianluca Barbera, autore di un libro che fa discutere

L’ultima notte di Raul Gardini

Da poco in libreria L’ultima notte di Raul Gardini (Chiarelettere Editore) fa già discutere mezz’'Italia per le tesi ardite su un imprenditore scomparso quasi trent’anni fa ma ancor oggi vivo nella memoria di tutti. Ne parliamo con l’autore medesimo.

Gianluca, nel tuo nuovo libro dopo tanti romanzi storici narri le vicende di personaggi contemporanei: chi sono?

Sono Raul Gardini e la dinastia Ferruzzi i protagonisti assoluti del romanzo, che è molto più di un giallo nel quale si indaga sulla morte di Raul Gardini; è soprattutto una grande storia italiana, il racconto di una dinastia seconda in quegli anni solo agli Agnelli, sullo sfondo delle vicende di Tangentopoli. Intrighi finanziari, strategie e sotterfugi, potere e ricchezza, ascesa e caduta, il carisma di un uomo solo, isolato, senza limiti. Uno che nei fine settimana mollava tutto per la barca a vela, che non sedeva a un tavolo se non era lui a comandare il gioco e che “con i politici non ci avrebbe mangiato insieme nemmeno un piatto di pasta” (sono parole di Di Pietro). Gardini non stava simpatico ai politici e loro non stavano simpatici a lui; con poche eccezioni, tra cui Romano Prodi, che gli era amico. È stato contro il muro della politica che Gardini è andato a sbattere.

Come hai descritto Gardini nel tuo romanzo?

Gardini è un personaggio tragico, perfino epico: materia perfetta per un narratore e per un’opera cinematografica. Non era un imprenditore come gli altri. Veniva da Ravenna, da una famiglia di imprenditori agricoli. Aveva studiato agraria. Dopo aver sposato Idina Ferruzzi, figlia di Serafino, aveva preso il comando del gruppo alla morte del suocero, schiantatosi in un incidente aereo dalla strana dinamica, nel 1979. Era un solitario, un individualista. Nel cosiddetto salotto buono dell’imprenditoria italiana era considerato un parvenu. Molti di coloro che lo frequentavano lo consideravano un genio, un esteta, un visionario. Uno disposto a tutto pur di realizzare i propri sogni, incluso quello di trasformare l’economia mondiale in un nuovo modello di bioeconomia.

Credo che conosceremo mai la verità sulla sua morte, avvenuta ‘per suicidio’ il 23 luglio 1993?

Una cosa è certa: quella morte ha deviato il corso del processo Enimont e in un certo senso anche quello della storia del nostro Paese. È stato lo stesso Antonio Di Pietro a riconoscerlo: “Per me la sua morte è stata un colpo molto duro, quasi un coitus interruptus. Il suo interrogatorio avrebbe rappresentato una svolta per l’inchiesta e per la storia d’Italia. Avrebbe fatto i nomi dei beneficiari della tangente Enimont da centocinquanta miliardi. Se l’avessi fatto arrestare subito, quella stessa notte, sarebbe ancora qui con noi. È stato questo il mio errore. Quella doveva essere una giornata decisiva per Mani Pulite, purtroppo non è mai cominciata”.

Cosa ti rimane dell’uomo Raul dopo averne scritto?

C’è una sua frase che lo fotografa alla perfezione. “Per me l’opinione degli altri non conta nulla”. Sembra fatta apposta per rendercelo antipatico. Ma io, oltre all’innegabile presunzione, ci vedo un invito ad assumerci le nostre responsabilità. Alla fine siamo noi a decidere, a rispondere di ciò che facciamo. E allora dobbiamo usare la nostra testa, fidarci di noi stessi. Nei limiti, ovviamente. Io racconto storie e personaggi per cui provo attrazione, a volte un’attrazione fatale; invecchiando, divento sempre più istintivo e meno razionale: non ho deposto il culto per l’intelletto, diciamo che ho imparato a diffidarne nella misura in cui l’ho scoperto fallace.

Torniamo in conclusione alla tragica fine: come mai non credi nell’ipotesi del suicidio?

Come mai sulle mani di Gardini non sono state riscontrate tracce di polvere da sparo? Ecco uno degli interrogativi senza risposta. Senza contare che quella mattina Gardini, poco prima di morire, aveva chiesto al domestico di stiragli i calzoni per uscire: dopo l’incontro coi PM in procura, sempre che non fosse stato arrestato, era sua intenzione presenziare al funerale di Cagliari. Non è quello che farebbe uno che ha intenzione di togliersi la vita di lì a poco.

Guido Michelone

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