C'è un indagato per la vicenda della piccola Mia (il nome è di fantasia, utilizzato dalle forze dell'ordine a tutela della bambina), la bimba di due mesi e mezzo che da oltre una settimana è ricoverata in prognosi riservata all'ospedale Regina Margherita di Torino con fratture alle costole e un trauma cranico.
Si tratta del papà della piccola che ha ammesso le proprie responsabilità davanti al Procuratore Pier Luigi Pianta, titolare del fascicolo. L'uomo risulta indagato a piede libero per lesioni personali aggravate e sulla vicenda si sta ora muovendo anche la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino. Si sarebbe giustificato parlando di un incidente fortuito, scaturito da un abbraccio troppo forte.
In meno di una settimana le forze dell'ordine e la Procura, con dedizione, intuito e impegno sono dunque venuti a capo di un caso difficile e delicato anche da un punto di vista emotivo. L'indagine è partita martedì 25 luglio, su segnalazione dell'Asl Vercelli, con un procedimento a carico di ignoti, affidato alla Squadra Mobile dall’Ufficio Vittime Vulnerabili istituito presso la Procura a seguito di protocollo con le Forze dell’Ordine, la Prefettura, gli Enti territoriali, i Servizi sociali e l’ASL della stessa Procura della Repubblica e condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Vercelli.
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Al fine di inquadrare in modo rigoroso la vicenda, sono state acquisite a tutto tondo sia le informazioni di tipo medico-clinico (per stabilire l’entità delle lesioni e la loro riconducibilità ad eventi traumatici, e la loro collocazione temporale, elemento di fondamentale importanza), sia quelle relative al quadro famigliare in cui era inserita la bambina, ambiente verso il quale gli operatori della Squadra Mobile si sono subito indirizzati per la ricerca delle cause e delle responsabilità.
La difficoltà dell’indagine consisteva, infatti, proprio nell’individuare uno o più persone fra i tanti che interagivano, all’interno della famiglia allargata (e già nota ai servizi sociali) con una persona offesa così piccola: l’assenza di testimoni e di fonti oggettive di riscontro, la possibilità di accuse gratuite e reciproche fra i membri della stessa famiglia, il danno potenzialmente provocabile dall’individuazione di un soggetto che poi si fosse rivelato in un secondo tempo estraneo ai fatti sono tutti elementi che hanno complicato il quadro investigativo ed hanno indotto gli investigatori ad agire con la massima prudenza.
Gli agenti hanno così messo a confronto i gentiori, i più vicini alla piccola Mia, in modo da fare emergere dallo stesso ambito familiare, per sollecitazione reciproca, l’ammissione di responsabilità, che poi è stata riconosciuta da parte del padre della piccola.
Nel tardo pomeriggio di ieri 31 luglio, l'uomo ha formalizzato la propria ammissione di responsabilità nel corso dell’interrogatorio reso al pubblico ministero titolare dell’indagine, alla presenza del suo legale.













