Chissà se ad Agenore Fabbri sarebbe piaciuta la sua mondina con la Kefiah?
Vi devo confessare che non conoscevo nulla della vita dell’autore che realizzò, nei primi anni ’80, il monumento collocato nei giardini di Piazza Roma, davanti alla Stazione, inaugurato l’11 aprile 1984 dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Eppure l’opera di Agenore Fabbri avrebbe dovuto essermi famigliare. I ricordi delle mie vacanze estive di bambina hanno come fondale le colorate campiture della Passeggiata degli Artisti di Albisola Marina e Agenore Fabbri fu un’abile ceramista che proprio ad Albisola, insieme a Tullio Mazzotti e Filippo Tommaso Marinetti, contribuì nel 1938, alla stesura del Manifesto futurista della ceramica e aeroceramica.
Pochi anni più tardi, allo scoppio della II Guerra Mondiale, come molti altri, fu prima soldato al fronte e poi tra le file della Resistenza.
Nel Dopoguerra riprese le frequentazioni savonesi nell’ambito di quel gruppo di artisti che fece di Albisola una fucina di eccellenze artistiche. Quando nel 1960 nasce il progetto della Passeggiata degli Artisti per il rifacimento del lungomare, si decise di realizzare la pavimentazione inserendo le opere dei maggiori esponenti delle arti figurative del momento: Aligi Sassu, Lucio Fontana, Emanuele Luzzati, Agenore Fabbri e molti altri ancora. Un’opera da molti ritenuta la più grande realizzazione d’arte pubblica collettiva in ambito urbano.
Dopo aver riletto la sua biografia sono tornata a vedere la Mondina in piazza Roma, osservandola con uno sguardo diverso, più attento e indagatore. La sua figura esile, asciutta, così lontana dalle forme canoniche delle mondariso di cinematografica memoria, rivela la drammaticità dell’esperienza degli anni di guerra che aveva profondamente segnato l’artista. La postura della figura è rigida ma non per questo statica: un piede avanzato di chi sta’ per muovere il passo, il busto lievemente in torsione e sbilanciato in avanti, il braccio destro alzato ma orientato di lato, il dito della mano puntato verso un luogo preciso, bocca e occhi spalancati e sopracciglia aggrottate. Cosa guarda la mondina e cosa ci vuole indicare?
Per capire meglio, forse, occorre fare qualche passo alla sua destra e chinare lo sguardo sulla lapide con i nomi delle otto persone che persero la vita nel rifugio antiaereo della stazione ferroviaria durante il bombardamento aereo di Vercelli dell’11 febbraio 1945. Il piccolo cippo fu posato l’11 aprile 1984, proprio durante la cerimonia d’inaugurazione della scultura di Fabbri.
E’ credibile pensare che Fabbri si sia documentato oltre che sulle storie di risaia, anche su quel luogo specifico e abbia fatto della sua mondina un monito contro la violenza e la devastazione della guerra. Lui che nella sua numerosa produzione, oltre alle opere esposte nelle diverse gallerie, ha realizzato anche alcune sculture di grandi dimensioni esposte negli spazi pubblici: a Savona il Monumento alla Resistenza (1974) e, a Milano, Condizione Umana (1983) e il Monumento al Partigiano (1985).
L’energia con cui la donna, nella mano sinistra, impugna la manciata di pannocchie di riso è certo il segno di quella risolutezza e tenacia che fece delle mondariso le antesignane di tutte le lotte e le rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici di oggi. La scultura racchiude l’essenza di una storia di lotte di classe ma è anche una sentinella contro le ingiustizie sociali e le guerre di tutti i tempi. Quella esile figura, lacerata da profonde incisioni, ci interpella con il suo sguardo severo ed è ancora oggi di tristissima attualità.
Ieri, come nel tempo presente, il suo grido di orrore è rivolto a tutte le vittime della guerra e, in particolare, a quei civili che muoiono tra le macerie, annientati dalle bombe, nei ricoveri come quello che giace ai suoi piedi.
In questo scenario drammatico c’è, però, un altro risvolto che mi preme ricordare di quella giornata di inaugurazione del monumento. Dopo Vercelli, il Presidente Pertini si spostò a Torino per presenziare altri eventi tra i quali l’inaugurazione dell’Arsenale della Pace voluto da Ernesto Olivero su suggerimento di Giorgio La Pira.(da una intervista su Avvenire del luglio 2023) .Un progetto del SER.MI.G. che trasformò un'antica fabbrica d'armi dismessa in un luogo di incontro e dialogo tra culture e religioni diverse.
Queste le trame che s’intrecciano e si parlano in quel piccolo giardino; personalità eccellenti del mondo della cultura e della vita civile del nostro paese si incontrano e dialogano tra loro e noi abbiamo il dovere di attingere a quelle storie e all’eredità che ci hanno lasciato. In quel fazzoletto di giardino Arte e Storia convergono e si fondono. Tornate a guardare il monumento alla Mondina oggi e forse avrete uno sguardo e un’emozione diversa davanti a lei.
E sì, forse ad Agenore Fabbri piacerebbe vedere oggi la sua Mondina con la Kefiah.















