Che dire ancora della mitica Pro, oggi ufficialmente risorto come Football Club Pro Vercelli 1892? Attualmente Pro Vercelli vuol dire società calcistica italiana, con sede nella città di Vercelli, al classico indirizzo di via Massaua, all'interno del complesso polisportivo che ospita lo stadio Silvio Piola (già Leonida Robbiano).
La Pro - i cui giocatori, come squadra, sono anche chiamati Leoni, Bianche Casacche, Bicciolani, Biancocrociati, Eusebiani, Biancopiemontesi, erroneamente Bianconeri (per via degli onnipresenti toni scuri per calzettoni e pantaloncini accanto alle immacolate candide magliette) - resta fra i club sportivi più antichi e titolati d'Italia, essendo fondato nel lontano 1887, aderendo alla Federazione Ginnastica d'Italia dall'11 luglio 1892, creando team competitivi in diversi settori dalla scherma all'hockey a rotelle e creando una sezione calcistica già dal 1902, tre anni dopo l'inizio della storia del campionato italiano e solo sei dal primo titolo nazionale.
È proprio nel primo quarto di secolo di football tricolore, periodo storicamente esteso dalla repressione dei moti popolari milanesi contro i governi reazionari alla marcia su Roma con la presa al potere del fascismo di Benito Mussolini, la Pro vanta nel proprio curriculum ben sette scudetti (per un totale di otto titoli), vinti in soli quattordici anni (che diventano dieci perché durante la Prima Guerra Mondiale del '15-'18 i tornei vengono ufficialmente sospesi) e dunque conquistati trionfalmente tra il 1908 e 1922. Vercelli, come si sa, è una cittadina a metà strada esatta sia da Milano sia da Torino, allora come oggi, due metropoli fondamentali tanto su un asse europeo quanto nel contesto sociopolitico nazionale.
Non è dato sapere se l'8 Maggio 1898 i ragazzini della Füria o del Brüt Fond (quartieri popolari o malavitosi in pieno centro) tirano già qualche calcio a una sfera di cuoio sul Campo della Fiera. E non è dato nemmeno sapere se operai, contadini, intellettuali, sindacalisti vercellesi danno una mano ai colleghi meneghini in lotta contro la fame e l'ingiustizia. In quell'8 Maggio 1898 infatti il popolo di Milano reagisce compatto a una serie di soprusi dall'alto, aderendo è partecipando in massa allo sciopero generale indetto per il mattino; insperatamente l'intera cittadinanza si riunisce in massa e si riversa nelle strade principali; per reprimere i moti, lo Stato fa entrare in azione la cavalleria, il cui effetto è però doppiamente vanificato dalle barricate erette in ogni via e dalle tegole lanciate dai tetti delle case; nell'ora di pranzo il governo, utilizzando quale scusa ufficiale un possibile intento rivoluzionario nelle stesse manifestazioni, decreta per Milano lo stato d'assedio, affidando i pieni poteri al generale Fiorenzo Bava Beccaris.
E Bava Beccaris, nel pomeriggio di quell’8 Maggio 1898, ordina ai cannonieri di aprire il fuoco contro la gente e alla fanteria di sparare contro gli assembramenti superiori alle tre persone. Restano a terra centinaia di uomini, donne, ragazzi, e accanto ai morti si possono contare oltre un migliaio di feriti più o meno gravi. Il numero esatto delle vittime non sarà mai precisato, ma secondo la polizia milanese (complice nell'eccidio) vengono uccisi solo 100 manifestanti e feriti poco più di 500 ribelli, mentre per i partiti d'opposizione, i morti risultano invece 350 e i feriti più di 1000. Paradossalmente l'unica statua raffigurante Bava Beccaris si trova a Vercelli, situata a metà fra la Caserma Garrone (erigenda in quel fin du siècle difficilissimo) e il nuovo Liceo Scientifico (eretto invece negli anni Sessanta del Novecento).
Tornando dalla politica al calcio, non è dato di sapere se, nell'altra metropoli equidistante, si trovano sportivi vercellesi ad assistere al primo campionato di calcio italiano. Il primo titolo si crea e si consuma in un sol giorno, dal mattino al pomeriggio di quell'8 maggio 1898, nella periferia torinese, nell'attuale zona di Porta Susa. A meno di due mesi dalla fondazione della Federcalcio (15 marzo, primo presidente il professor Luigi D'Ovidio) inizia l'anno zero del campionato tricolore di football (fulbarr, in dialetto piemontese): sono quattro i team partecipanti, imbottiti di calciatori dall'anagrafe incerta, ovvero anti-italiana; e sono in particolare portieri, difensori, centrocampisti attaccanti dal passaporto britannico, poiché sono soprattutto marinai e universitari dall'Inghilterra, a trasmette il virus dell'attuale soccer ai baldi giovani italici sia dell'area portuale genovese sia delle zone industriali e studentesche (Torino e Milano) presentandolo come il più bel gioco del mondo, rivendicandone le origini, però contestate dai fiorentini che praticano un analogo giuoco della palla fin dal lontano medioevo.
Le scarne cronache dell'8 Maggio 1898 tramandano solo i risultati delle due partite eliminatorie disputate al mattino: alle ore 9, dinanzi a cinquanta di persone, scendono in campo due equipe torinesi, l'Internazionale (da non confondere con l'Inter nerazzurra) e il Football Club Torinese (futuro Torino granata): vincono 1-0 i primi sui secondi, ma resta ignoto l'autore del primo storico gol del campionato italiano; alle ore 11 c'è la seconda partita, in cui il Genoa Cricket And Football Club supera la Società Ginnastica Torinese per 2-1. Prima della finalissima le notizie scarseggiano: alcuni sostengono che giocatori e dirigenti si rimpinzino nel celebre Ristorante del Cambio, altri invece, più realisticamente, credono che le squadre restino vicino al campo per rifocillarsi con un po' di vino rosso e di pane e salame.
Verso le ore 15, dinanzi a un pubblico raddoppiato, ovvero all'incirca cento persone (per un incasso di 197 lire e rotti) Genoa e Internazionale devono disputare i supplementari essendo i primi 90 finiti sull'1-1. Alla fine i liguri segnano il goal del 2-1: una foto sbiadita in banco e nero li ritrae in camicia bianca sostituita, l’anno dopo, da una maglia a strisce biancazzurre, prima dell'odierna divisa rossoblù, con questa (presumibile) formazione: Spensley; Leaver, Bocciardo; Dapples, Bertollo, Le Pelley; Ghiglione, Pasteur, Ghigliotti, De Galleani, Baird.
Dieci anni dopo esatti salgono sul podio Innocenti; Salvaneschi Celoria; Ara Milano I Leone; Ramussi Bertinetti Fresia Visconti Rampini I. La mitica Pro vince il suo primo titolo tricolore, disputando il cosiddetto Campionato Italiano di Prima Categoria 1908 dal 1° Marzo al 17 Maggio. In quel mese e mezzo in Italia il maggior avvenimento storico riguarda la capitale, Roma, non ancor intaccata dalla febbre del calcio: il 20 aprile si svolge infatti il congresso del Consiglio nazionale delle donne, con oltre 1400 partecipanti da tutta la Penisola, forse anche qualcuno da Vercelli, dove il tifo allo stadio coinvolge anche uno sparuto pubblico femminile. Sostenute dalla pedagogista Gabriella Spalletti Rasponi, l'assemblea discute via via di assistenza, di lavoro femminile, di salario equiparato agli uomini, di diritto al voto, di leggi contro lo stupro, di eliminazione dell'arcaico "matrimonio riparatore" che offende la dignità della donna come persona.
Ma al Congresso si parla soprattutto d'insegnamento alle donne, con problemi che spaccano il movimento finora accomunato dalle medesime rivendicazioni; il pomo della discordia riguarda le donne laiche e quella cattoliche pronte a litigare duramente sull'insegnare o no la religione nelle scuole; il movimento femminile perde quindi compattezza e credibilità, facendo ritardare alcune rivendicazioni per altri 37 anni (voto alle donne, 31 gennaio 1945), mentre per le altre proposte occorrerà attendere persino tre quarti di secolo. Il 24 maggio l’attivista Linda Mailnati riunisce una seconda volta il congresso femminile, facendo approvare sia la scuola laica sia una mozione favorevole al divorzio, ma tutto finisce in un nulla di fatto.
Al debutto in massima divisione la mitica Pro sa imporre il proprio gioco aggressivo (da qui l'appellativo Leoni), giungendo addirittura a conquistare subito il primo posto, sconfiggendo nelle eliminatorie regionali una fortissima Juventus e superando in finale, in un triangolare, l'Unione Sportiva Milanese e i genovesi dell'Andrea Doria. Il 2 maggio 1908 le Bianche Casacche - così denominate perché all'inizio le maglie sembrano autentiche giacchette - espugnano il terreno della Milanese (contendente diretta al titolo), aggiudicandosi matematicamente sia il primo storico tricolore sia la Coppa Romolo Buni a esso abbinata. All'impresa dei Bicciolani - dal nome della maschera cittadina e del nutriente biscotto - contribuisce in parte la decisione federale che esclude dal campionato i calciatori stranieri, indirizzati comunque verso un torneo parallelo, detto federale, sempre organizzato dalla FIF e vinto alla fine dalla Juventus, mentre nel frattempo la Pro vince anche il Campionato Federale di Seconda Categoria 1908. L'anno dopo i Vercellesi ripetono l'impresa, confermandosi primi d'Italia, con le vittorie via via sul neonato Torino, sul blasonato Genoa e, infine, nella doppia sfida conclusiva, sulla solita Milanese contro la quale bissano il cosiddetto Campionato Federale di Prima Categoria, aggiudicandosi altresì la Coppa Zaccaria Oberti abbinata alla vittoria finale del campionato; tra gli artefici di questi importanti successi, vanno almeno citati i centrocampisti Ara e Leone e il giovanissimo attaccante Rampini, tre fuoriclasse non a caso poi convocati nei primi match della Nazionale maggiore.
L'ultimo scudetto vercellese, il settimo, risale al 18 Giugno 1922 quando un'altra mitica Pro si ripete - come l'anno prima sul Pisa - battendo, nella doppia finale la Fortitudo Pro Roma, dopo nove mesi a pieno regime; e a proposito di regime, stavolta politico, dall'autunno del 1921 all'estate dell'annata successiva l'Italia si trova in una situazione gravissima. Tra il 9 e il 13 novembre, mentre Pro batte fuori casa 2-1 il Livorno - città in cui da poco viene fondato il PCI, Partito Comunista Italiano - è organizzato a Roma un congresso per costituire il PNF, Partito Nazionale Fascista, grazie all'enorme affluenza di violenti squadristi da tutt'Italia nella capitale; e lo stesso 9 novembre, alla stazione ferroviaria di San Lorenzo, un gruppo di fasci uccidono il ferroviere Guglielmo Farsetti, ottenendo come reazione, nei giorni successivi, non la paura o la sudditanza, bensì l'intero quartiere di San Lorenzo (all'epoca abitato in prevalenza da operaia e artigiani) mobilitato attraverso una tenace lotta di strada contro le camicie nere, che non riescono a prevalere sulla resistenza degli antifascisti; purtroppo gli scontri si allargano all'intera città e, alla fine del Congresso, il bilancio è di sette morti e duecento feriti.
Da allora sino alla fine del Campionato di calcio, benché lontani dagli stadi ritenuti luoghi apolitici, gli squadristi mettono a ferro e fuoco le sedi di sindacati, gruppi o partiti d'ispirazione anarchica, marxista, liberale, cattolica. Il 1º maggio 1922 avvengono scontri ovunque durante la festività civile (Giornata dei Lavoratori) poi abolita e ripristinata solo nel 1945. Vengono assaltate, bruciate o distrutte, in città e villaggi, sia le Camere del Lavoro sia circoli sociali e cooperative rosse e bianche: a sera si contano dodici vittime, metà fra i socialisti e metà fra gli assalitori. Il 14 maggio una bomba fascista esplode a Trieste, massacrando il giovane comunista Redento Sornig e ferendo seriamente quattro passanti; verso ovest, i fasci intervengono pesantemente sia a devastare la cooperativa di consumo di San Martino Siccomario in provincia di Pavia sia a dare alle fiamme il circolo socialista di Bornate, oggi sotto Vercelli, in cui è sepolto nel 2016 Gianluca Buonanno, forse il neofascista più celebre quale sindaco e parlamentare (morto per un incidente d'auto)
A metà giugno, quando la Pro gioca le due finali, vengono via via assalite l’Unione familiare popolare di Monza, le cooperative di consumo di Marcignago e di Torre Nanzano (vicino a Pavia) e sempre nel Pavese la cooperativa socialista in località Ziliana di Bereguardo è occupata dagli squadristi. In provincia di Massa Carrara è devastata la cooperativa di Fossola, mentre gli incidenti di Taranto vedono i fascisti, armi alla mano, minacciare i gruppi di repubblicani e di ex legionari fiumani. Anche nella vercellese Caresana il sindaco socialista sfugge alle percosse e all'olio di ricino solo perché ritenuto una 'brava persona'
Dunque già vittoriosa 3-0 in trasferta l’11 giugno, la Pro Vercelli, dopo una settimana esatta, batte 5-2 in casa la Fortitudo Roma e vince il campionato di calcio della Confederazione Calcistica Italiana (C.C.I.) in cui partecipano le più importanti squadre italiane, dopo la scissione con la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.G.C.I.), nell'unico anno in cui si giocano due campionati legittimi, regolari, ufficiali (l'altro, per la cronaca, vinto dalla Novese di Novi Ligure).
La mitica Pro campione d'Italia 1921-1922 schiera come formazione-Base Curti; Rosetta, Bossola; Milano IV, Parodi, Perino; Ceria, Ardissone, Gay, Rampini II, Borello. I risultati per i neocampioni del resto sono strepitosi fin dal 6 novembre 1921 con il 10-0 al Vicenza, a cui seguono ad esempio il doppio 5-0 al Milan e al Mantova e un umiliante 7-1 alla Juventus.
L'anno calcistico seguente, il 1922-1923, fu l'anno della scissione all'interno della Federazione, spaccata dalle proteste dei piccoli club, che si sentivano poco tutelati. I bianchi seppero comunque aggiudicarsi il settimo scudetto con la vittoria del Campionato C.C.I.; fondamentali furono le vittorie nella finale di Lega a Genova, il 14 maggio 1922, e nella doppia finale Nazionale contro la Fortitudo Pro Roma.
Quello del 1921-1922 rimane l'ultimo tricolore: con la crescita di squadre come Torino, Milan, Bologna, Inter, comincia a diffondersi il football professionistico, il cui atto simbolico si manifesta nel 1923 mediante il clamoroso passaggio del terzino destro Virginio Rosetta dalla Pro alla Juventus per le cifre da capogiro offerte da Edoardo Agnelli al calciatore bicciolano. Di conseguenza le casacche bianche, saldamente legate ai valori dello sport dilettantistico (all'epoca dei primi scudetti vanno addirittura a giocare in bicicletta in tutti gli stadi piemontesi), perdono via via quotazioni agonistiche, come succede, poco alla volta, a ogni team appartenenti al cosiddetto laboratorio di talenti che resta il "quadrilatero piemontese", con Casale e Novese (uno scudetto a testa), Alessandria e Novara (una finale di Coppa Italia a testa) e soprattutto la mitica Pro Vercelli, ovvero sette o otto titoli a seconda dei punti di vista.














