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Sport | 15 febbraio 2020, 10:43

Intervista a Matteo Brusa: "Engas Hockey Vercelli è la mia rivincita"

"Mi piace essere la mente della squadra nel gestire il gioco"

Matteo Brusa durante l'intervista, fotografato da Chiara Jett Tugnolo.

Matteo Brusa durante l'intervista, fotografato da Chiara Jett Tugnolo.

InfoVercelli24 ha incontrato Matteo Brusa, trascinatore di Engas Hockey Vercelli in questo avvio di campionato, con ben 13 reti. Brusa proviene dalla serie A1 e in passato ha militato nel Novara, Amatori Lodi, Monza e Amatori Vercelli. 

Come è entrato l’hockey nella tua vita? 

Avevo 4 anni. Mia mamma mi ha portato a pattinare a Novara e da allora penso di aver vissuto sempre su quella pista. Mi ricordo tutto di quel giorno in Viale Buonarroti: ho iniziato attaccato alla transenna e dopo mezz’ora già facevo tutto senza appoggiarmi più.

Quando hai capito che saresti diventato un giocatore professionista?

Da subito mi sono reso conto che sarebbe stato il mio sport e poi si è creato un gruppo affiatato: allora il settore giovanile a Novara era molto grande , eravamo in più di 50 bambini. Siamo andati avanti insieme nell’hockey e abbiamo continuato tuttora ad essere amici nella vita. 

Come hai incontrato il progetto di Hockey Vercelli?

Il presidente Torazzo mi ha contattato nell’estate scorsa, ma io avevo già firmato per Scandiano in serie A1. Poi, per motivi personali, sono tornato a Novara a settembre e, ricordandomi di ciò che c’eravamo detti, l’ho richiamato io: una telefonata che ricorderò sempre. Siamo riusciti a fare tutto in fretta, perché il mercato stava per chiudere.

Che cosa ti ha spinto verso questa squadra?

Il progetto e la consapevolezza del valore delle persone: quando c’è fiducia, è molto più facile e veloce trovare accordi, non ho avuto dubbi.

Che esperienza è per te la serie B, quali diversità stai trovando rispetto alla A1?

E’ un gioco completamente diverso, sapevo che avrei avuto bisogno di un po’ di tempo per adattarmi e infatti così è stato. Rispetto alla A1, cambiano qualità, ritmo e schemi, però mi ha stupito il livello di chi abbiamo incontrato: ci sono giocatori tecnici che possono mettere in difficoltà, è stata una piacevole sorpresa. 

Con l’arrivo Di Romero e Ferrari, in campionato sei tornato nel tuo ruolo naturale, rispetto ciò che hai fatto in Coppa Italia. Ci spieghi tecnicamente le differenze fra i due ruoli?

Ora abbiamo tanti attaccanti, in Coppa Italia invece mi era stato chiesto di giocare più in avanti, più incisivo nei gol (anche se sto segnando più adesso!). Per le mie caratteristiche fisiche e tecniche, mi trovo meglio con la mia attuale posizione da difensore. Non sono un giocatore d’area, mi piace molto di più gestire il gioco, essere un po’ “la testa” della squadra.

In pista sei sia elegante che potente, quale aggettivo senti più tuo?

Elegante (ride ndr); lo dico perché la mia generazione ha letteralmente vissuto sui pattini e quindi la nostra capacità di pattinata e la coordinazione sono diverse rispetto ai giovani d’oggi e l’eleganza deriva da questo. Allora, c’era una disponibilità delle società diversa come monte ore per i ragazzi: d’estate, entravamo in pista alle 10 di mattina per uscirne alle 11  e mezza di sera, poi andavamo in centro a prendere il gelato, ancora sui pattini!

Ti piace di più segnare o farlo fare ai compagni? Esiste un’azione perfetta, dei tuoi sogni?

Sono due sensazioni diverse: nel far segnare c’è la soddisfazione di aver creato qualcosa di vincente; nel segnare, il guardare con soddisfazione il numero cambiato sul tabellone. Non ho un'azione dei sogni, piuttosto ne vorrei realizzare una determinante per la vittoria di una competizione importante. 

Dopo 5 partite di campionato, ti aspettavi di aver segnato 13 reti?

Mi aspettavo di segnare di più, perché la squadra è diversa rispetto alla Coppa Italia.  Non tanto per il mio cambiamento di ruolo, ma perché ora abbiamo un gioco più d'insieme e quindi sapevo che mi sarei espresso meglio, anche se non pensavo così tanto! Certamente il gol è una soddisfazione personale, ma sono più contento di dove stiamo in classifica come squadra, che di quella marcatori.

Sei arrivato in una realtà di recente fondazione: cosa vorresti scrivere nella storia di Hockey Vercelli?

Non so quante società appena fondate si siano poste l’obiettivo di salire in A1 in soli 3 anni, sarebbe bello riuscirci. Qui vorrei rinascere come giocatore, è la mia occasione per ritornare al top tecnicamente, considero Hockey Vercelli come la mia rivincita. 

C’è qualcuno fra i tuoi compagni con cui sei particolarmente contento di giocare?

Con Romero, perché gli avevo solo giocato contro e anche con Motaran: mi trovo molto bene con lui, entrambi ragioniamo nella gestione di gioco e ci capiamo bene, andando sempre nella stessa direzione. Con Ferrari, invece, si tratta di un piacevole ritorno: ci conosciamo da sempre, è un bravissimo ragazzo con enorme voglia di fare. 

Al Palapregnolato, il terzo tempo è sempre più partecipato e cresce anche il numero di bimbi in pista dopo la partita, cosa ne pensi?

E’ bellissimo vedere così tante persone in serie B, non immagino cosa potrebbe esserci in Serie A, se l’entusiasmo è questo! Noi sentiamo le persone vicine, partecipi durante la partita e fa la differenza. Giocare in casa non vuol dire solo stare sulla propria pista, ma avere la gente accanto. Nei bambini, invece, rivedo me da piccolo e il loro contatto con la squadra è fondamentale. Creare un settore giovanile è importantissimo e prendere esempio da grandi società polisportive sarebbe l’ideale: più si è, più si è forti. 

Sei ancora giovane, ti piacerebbe allenare i ragazzi in futuro?

Quando verrà, vorrei giocare l'ultimo anno della mia carriera a Novara. Poi, devo essere sincero, mi piacerebbe studiare da mister per allenare una squadra di professionisti.

Tu sei laureato, quanto sacrificio ti è costato coniugare studio e sport praticato ad alto livello?

Sacrificio no, piuttosto è importante organizzarsi bene con il tempo. La fatica più pesante è quella fisica: per gli allenamenti e i viaggi, ma io mi ritengo fortunato, perché sono riuscito a fare ciò che mi piace nella vita, sia con l’hockey che con il lavoro.

Sei dottore osteopata: questo ti aiuta ad autovalutare le tue condizioni?

Sì, non mi fa allarmare inutilmente, perchè riconosco la varia natura dei segnali che mi arrivano dal corpo. Mi è stato d'aiuto anche per gestirmi dal punto di vista fisico, anche se in questo il primo insegnante è l'esperienza.

Se pensi ad Hockey Vercelli nel suo insieme, qual è il vostro punto più forte?

Per noi giocatori, avere una società così presente che ci segue sempre, con tante persone anche ad ogni allenamento, è raro e fa tanto la differenza.

Elisa Rubertelli

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