La città di Vercelli, i rioni Canadà e Belvedere e soprattutto il mondo salesiano sono in lutto per la morte di Flavio Ardissone, a soli 67 anni (il 25 settembre ne avrebbe compiuti 68).
Lo conoscevamo in tanti e in tanti, tantissimi gli volevamo bene. Insegnante di musica e cultura al Centro di Formazione Professionale Don Bosco e, allo stesso tempo, gestore di sale cinematografiche (quella dei salesiani, poi la Multisala a Borgovercelli, quindi l'Italia) e del teatro Civico, il cinema all'aperto al Museo Leone, anche. E cantante, scrittore...
Sapeva tutto dei cinema e della storia della sale cinematografiche di Vercelli, tant'è che scrisse un libro: “50 anni di...ambra, rosa e azzurro".
Ma soprattutto era un gran conoscitore della storia popolare della città. Era sempre a caccia di vecchi giornali, foto. Oratori di una volta, immagini dei bombardamenti a Vercelli, episodi di vita salesiana.
Aveva tanti estimatori e tanti amici, Flavio Ardissone.
Mi piace ricordarne uno: don Piero Borelli.
Ogni anno, nell'anniversario della sua morte, Flavio mi telefonava o mi scriveva: «Ti ricordi del don, vero? Ti serve un'altra sua foto?».
Riposa in pace, amico Flavio. E salutami “il don”.
Era sempre sereno, Flavio. Sempre sempre no. Me lo ricordo triste, quando dovette lasciare l'insegnamento per limiti d'età. Gli mancavano i suoi ragazzi. E me lo ricordo anche arrabbiato, una sola volta: quando, durante il Covid, non poteva vedere sua mamma, ricoverata.
Vercelli, comunque, gli deve molto.
(La seconda foto, in bianco e nero, fu Flavio a darmela: a sinistra c'è lui, giovanissimo, con barba e occhiali; sulla destra un altrettanto giovane don Piero).














