Il basket nella testa e nel sangue, da mattino a sera, da anni.
E da anni ormai, Antonio Galdi è al centro del progetto tecnico dei Rices Vercelli di Francesco Rey. Prima squadra e giovani.
Così come è al centro delle attenzioni dei suoi giocatori – perché ha una caratteristica precisa: l’autorevolezza - quando allena e durante l’evento agonistico. Ogni tanto caccia un urlo. Se lo fa significa che è veramente arrabbiato.
Ma torniamo indietro nel tempo.
Che sia portato ad allenare lo intuisce qualcuno quando, a 19 anni, (dopo aver giocato a basket e un po’ anche a calcio) inizia col minibasket a Chivasso.
«Fu Rudi Cena, attuale presidente del Chivasso, a darmi fiducia e a credere in me. Fu quello il punto di partenza» racconta Galdi.
La strada che lo porterà a Vercelli passa per i tre anni trascorsi a Ovada («dove incontrai Edoardo Gatti, allenatore del Serravalle nella C gold. E Gatti, che vedo ancora nei campi estivi, è ancora oggi è un importante punto di riferimento per me») e quattro anni a Moncalieri («dove ho incontrato Vincenzo Di Meglio, responsabile del settore giovanile. Mi ha fatto vedere tanto la pallacanestro quanto l'essere allenatore da un punto di vista diverso».)
Allenamento dei giovani, incontri importanti (Edoardo Gatti e Vincenzo Di Meglio), studio e corsi per diventare allenatore di professione. Che a un certo punto diventa il grande obiettivo.
«Forse la scintilla si è accesa una sera di tanti anni fa; ero giovane, insieme a un collega, aspirante allenatore anche lui, assisto a un clinic con diversi esperti. Alla fine andiamo in un bar. Accanto al nostro tavolo ci sono dei guru del basket torinese. Dico al mio amico: “Un giorno sarò uno di loro”. E così è stato. Alcuni li ho conosciuti, e con alcuni, invece, ho proprio lavorato, fianco a fianco. Sta di fatto che da più di vent’anni ho dedicato tutto me stesso a un solo obiettivo: essere un allenatore di basket.»
Che Antonio Galdi sia stimato lo testimoniano i saluti che riceve da tecnici o giocatori di esperienza quando i Rices giocano in trasferta. A Vercelli, poi, non mancano certo le attestazioni di stima della società, dei giocatori, dei tecnici come Acquadro (che è stato il suo secondo nell’ultimo anno) e come Pessano e Adriana Coralluzzo (che, in momenti diversi, intervistati, hanno dichiarato che Galdi è stato il loro mentore), né sono mancati i risultati: la storica promozione in C, alcune stagione culminate con i play off, la valorizzazione dei giovani (un nome su tutti, quello di Liberali). Ma perché Antonio Galdi non è arrivato ad allenare in A2 o in B? Te lo sarai domandato…
«Nella vita la componente fortuna è importantissima. Forse non ho raggiunto palcoscenici più prestigiosi perché non ero al posto giusto nel momento giusto. Ma, ripeto, per me è importante allenare. E a proposito di Adriana Coralluzzo e di Edoardo Pessano e dei loro apprezzamenti. Mi sento un tecnico, ma mi sento anche un formatore: tutto quello che so e che ho imparato cerco di trasmetterlo. E cerco di tirare fuori il meglio dalla persone con cui lavoro.»
Gli ultimi 9 anni dei tuoi 44 li hai vissuti a Vercelli.
«Ho iniziato con le giovanili del Vercelli Basket e con il minibasket dei Bugs, allenando insieme a Jack Mattea. Poi sono venuti gli anni dei Rices… la promozione in C, alcune stagioni esaltanti, l’anno del Covid… Dall’anno scorso la società ha deciso di cambiare rotta puntando sui giovani. E questo è il nuovo percorso che, mi pare, sta dando dei buoni risultati. I ragazzi che si avvicinano al basket aumentano, ogni anno. Significa che nel minibasket dei Bugs fanno del buon lavoro, significa che i Rices sono diventati un importante punto di riferimento.»
Suppongo non sia facile facile lavorare con i giovani. Tra le aspettative a volte eccessive delle famiglie (ma in genere nel calcio è peggio -ndr) e le sollecitazioni che arrivano per esempio da youtube, che è pieno di tecnici che danno consigli, a volte anche contrastanti, i ragazzi sono soggetti a un continuo bombardamento.
«Su youtube si possono vedere visioni diversi, e questo non è negativo. Ma a un neofita io consiglio di vedere cosa si fa in palestra, a respirare, insomma, quello che facciamo. Il nostro obiettivo è quello di insegnare a palleggiare, a eseguire bene un terzo tempo, ma prima ancora viene l’aspetto educativo. A noi interessa che i ragazzi imparino a stare insieme, a sacrificarsi se vogliono arrivare, a rispettare gli avversari.»
Massimo Acquadro, tuo vice nella prima squadra e tecnico delle Under 17, 14 e 13 se n’è andato. Allenerà altrove. Come se ne sono andati Edoardo Pessano e Christian Balocco. Lo staff verrà rivoluzionato, avrai dei nuovi collaboratori, un nuovo vice.
«Se sono andate tre persone di valore, con cui ho lavorato veramente bene. Ma la società sta definendo i profili di coloro che li sostituiranno. E si tratta di persone valide.»
Un bilancio, ora, sulla prima squadra. L’obiettivo, che era quello di retrocedere valorizzando ragazzi (del territorio) di 17, 18 e 19 anni, mi pare sia stato raggiunto. La crescita di alcuni elementi, mi vengono in mente Skilja, Agoglia, Gamba, Volpe e Conte, c’è stata. Titubanti nelle prime apparizioni, giornata dopo giornata hanno acquisito personalità. Sicurezza.
«Sì’, la crescita c’è stata. I ragazzi hanno lavorato come dei professionisti, insomma tanto e bene. Calcolando gli impegni della 19 e della prima squadra, erano in palestra sei giorni su sette a sudare. Dobbiamo considerare l’anno trascorso come il punto di partenza per il futuro.»
Che campionato faranno i Rices?
«Spero un buon campionato, soprattutto se la squadra verrà rinforzata da due o tre elementi di esperienza. Elementi che sappiano consigliare i più giovani. Nel basket, spesso, è più importante un consiglio di un compagno di squadra che del tecnico.»
Ultima domanda, sempre sullo scorso campionato. Giocatori e squadre avversarie che ti hanno impressionato?
«Più che i giocatori direi la squadra del Borgomanero. Ragazzi del 2005 che giocavano con dedizione, sacrificio, passione.»
Dedizione, sacrificio, passione: il verbo di Antonio Galdi.