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Cronaca | 26 febbraio 2019, 07:00

"Con quell'annuncio hai violato la legge: paga o finirai in carcere"

PARTIVA DAL VERCELLESE L'ESTORSIONE AI DANNI DI PERSONE CHE POSTAVANO MESSAGGI SUI SITI DI INCONTRI PERSONALI: L'AUTORE CONDANNATO A 5 ANNI

"Con quell'annuncio hai violato la legge: paga o finirai in carcere"

Prendeva i numeri di telefono di ignari inserzionisti che avevano pubblicato un annuncio – per lo più su siti di incontri per persone sole - ; poi li contattava spacciandosi per un esponente delle forze dell'ordine e chiedeva loro di versare somme di denaro per evitare una denuncia penale e un possibile processo.

Qualcuno, probabilmente, gli avrà riappeso il telefono in faccia, ma altri, forse più fragili e spaventati all'idea di essere incorsi in un reato, hanno pagato. Un uomo di Piacenza ha versato circa mille euro, finendo anche vittima di una grave forma di esaurimento che l'ha costretto persino a un periodo di ricovero in una struttura sanitaria. Anche una ragazza di Roma, preoccupata dall'idea di finire nei guai, ha pagato qualche centinaio di euro, prima di scoprire che non c'era alcuna denuncia nei suoi confronti.

A fare le telefonate, non era (ovviamente) un esponente delle forze dell'ordine, ma un 41enne di Chivasso, Simone Atzori, con numerosi agganci nel vercellese e vari precedenti specifici. A fornire la carta PostePay sulla quale veniva chiesto alle vittime di effettuare i pagamenti era invece una vercellese residente a Santhià, morta lo scorso autunno all'eta di 49 anni.

Nei confronti dei due, identificati dalla Polizia Postale di Piacenza dopo la denuncia della mamma dell'uomo finito nel tranello della coppia, era stato aperto un processo con la pesante accusa di estorsione: la posizione della donna, nel frattempo deceduta, è stata stralciata, mentre, in questi giorni, sono sfilati in tribunale testi e forze dell'ordine che hanno ricostruito la vicenda di cui si è reso protagonista Atzori.

Particolarmente drammatici i racconti di madre e figlio di Piacenza: lui, un uomo fragile e solo, si era sentito dire al telefono di aver commesso gravi violazioni di legge. Così, agitatissimo, aveva subito pagato un somma ingente, ricaricando la Poste Pay che gli era stata indicata dall'interlocutore. A distanza di poco tempo la telefonata si era ripetuta e l'uomo, in preda al panico, aveva chiesto alla madre il denaro per effettuare un secondo pagamento. Alla donna, insegnante in una scuola superiore, aveva detto che si trattava di una multa da pagare subito perché in caso contrario c'era il rischio di finire in carcere. Tanta era la sua agitazione che persino la madre, presa alla sprovvista, aveva versato la somma richiesta. Solo in un secondo momento, dopo aver ascoltato i racconti terrorizzati del figlio, la donna aveva deciso di rivolgersi alla polizia per avere chiarimenti, scoprendo che si trattava di un imbroglio.

“Abbiamo passato momenti terribili – ha detto in aula la donna –. Mio figlio è una persona fragile e questa situazione lo ha prostrato profondamente, tanto che è stato necessario ricorrere anche a un periodo di ricovero”.

Nessun dubbio sulla colpevolezza dell'imputato - nel frattempo finito in carcere per altre vicende simili - da parte della pubblica accusa che ha chiesto una condanna a cinque anni e sei mesi di carcere e una multa di 1200 euro.

Ha chiesto di riqualificare il reato da estorsione a truffa aggravata, invece, il legale della difesa, l'avvocato Antonio Mencobello del foro di Torino, invitando il giudice di distinguere gli effetti che le diverse minacce prospettate avevano avuto sulle vittime e chiedendo che all'imputato venissero riconosciute le attenuanti per avere parzialmente risarcito il danno.

Il giudice Maria Teresa Guaschino ha però ritenuto provata l'accusa di estorsione, condannando Atzori a 5 anni e 1 mese, 1100 euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Dopo la lettura delle motivazioni, che saranno note entro 90 giorni, la difesa potrà valutare gli elementi per l'appello.

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