Santhiatese, tastierista, arrangiatore, bandleader Luigi Peyla ha da poco formato una nuova band - l’Evergreen Music Orchestra - con undici elementi provenienti da un po’ tutta la Provincia vercellese; perno del gruppo sono da un lato i cantanti Laura Peretto e Michel La Perna e dall’altro il chitarrista Marcello Bongiolatti: vista a Studio 10 per la mostra ‘Immagini di musica’ di Bruno Marzi, (dove il noto fotografo si è unito alla band per cantare i pezzi di Marvin Gaye, James Brown, Otis Redding) questa nuova realtà sonora offre un vivacissimo revivalismo di soul, rock, blues, funky, boogie e r’n’b. Con il direttore orchestrale Luigi Peyla questa è l’intervista esclusiva, in attesa di un prossimo evento, come ad esempio il concerto di finissage della nosra medesima a fine dicembre, non ancora programmato, ma da molti dei presenti entusiasti.
Luigi, come Evergreen Music Orchestra, che repertorio avete?
Il genere è soprattutto quello della Motown d'epoca con qualche puntata verso il jazzfunk. Ci ispiriamo alle formazioni e agli artisti statunitensi degli anni ‘60/’70, a Wilson Pickett a Stevie Wonder, da Sam & Dave a Otis Redding, da James Brown ad Aretha Franklyn. Si tratta di una musica che ha dato le origini a tantissimi generi musicali, anche i più moderni. Lo spirito è quello di divertirsi e fare divertire, e quindi quale miglior sound se non quello della soul music?
Ma quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che tu associ alla musica?
La musica è vita, è aggregazione, è amicizia. Niente al mondo unisce più della musica. Faccio un esempio: nello sport di squadra si insegna ai ragazzi a creare unione, ma essendo uno sport competitivo, alla fine si è un team contro l’altro. In musica invece la band che è sul palco suona per far sì che il pubblico vinca e si emozioni. La band prima di essere un’orchestra è un gruppo di amici. Cosa c’è di più bello?
Tra le tante canzoni che hai proposto a Studio 10 e altrove, nel corso della carriera, ce ne è una a cui sei particolarmente affezionato?
La risposta è no! Non mi affeziono ai brani, mi posso affezionare a un compositore o a un arrangiatore, ma non a un brano in particolare. Il pubblico si affeziona al brano perché ha dei ricordi, sentimenti, emozioni. Un musicista apprezza le idee musicali.
Facci qualche nome, no?
A questo punto potrei dirti chi sono gli artisti che prediligo: Beethoven e Quincy Jones; e tra gli italiani Rossini.
E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti su un’isola deserta?
Ne porterei due. Mi spiego. Una sera un amico arrivò a casa mia con un vinile e mi disse “ho trovato questa cosa ed è fantastica”. Si trattava di ‘Freudiana’ di Eric Woolfson. L’ho trovato (in quel momento) il più bel disco che avessi mai sentito in vita mia; poi ho avuto occasione di sentire altri dischi più interessanti, ma quel disco mi ha lasciato qualcosa di particolare. L’altro è la registrazione del ‘Concerto in Mib maggiore’ per pianoforte e orchestra di Beethoven eseguito da Arthur Rubinstein.
Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?
Mio padre in tutti e tre i settori. Mi ha insegnato ad apprezzare il bello e a condividerlo. Credo che i genitori abbiano un obbligo morale verso la società, dobbiamo insegnare ai nostri figli che cosa è la bellezza. Cito lo scrittore russo Fiodor Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”. E così devono fare anche gli insegnanti, dalle elementari fino all’università. Occorre abbattere il qualunquismo.
Tornando alla musica chi sono invece i pianisti, chitarristi, batteristi che ti hanno maggiormente influenzato?
Sono cresciuto con i vinili a 78 giri di Lionel Hampton, Benny Goodman, Nick La Rocca. I 45 giri di James Brown, Harry Belafonte, Paul Anka. I 33 giri dei Pink Floyd e dei Dire Straits, Ho ascoltato molta musica sinfonica e bandistica, ho studiato al conservatorio e ho suonato la musica di Vittorio Borghesi e dei Black Sabbath. Penso che ognuno mi abbia lasciato qualcosa e ne sono felice. Credo che ci sia sempre qualcosa degli altri in tutto ciò che un compositore scrive. A volte basta ascoltare i rumori della strada e possono venire bellissime idee.
Quale è stato per te il momento più bello della tua carriera da musicista?
Ti può sembrare una risposta stupida: “Domani”. In realtà ho avuto tanti momenti felici, ma mi piace pensare che il domani sarà ancora migliore.
Cosa pensi in generale della cultura a Vercelli e in Italia?
Sbaglio o qualche ministro qualche anno fa dichiarò che con la cultura non si mangia? Meno male che ci sono i privati che sponsorizzano. Il pensiero che mi viene è che la cultura sia una cosa di nicchia, per tutti gli altri c’è la televisione e facebook.
Cosa sta infine progettando nell’immediato futuro?
Come progetto personale sto realizzando un album strumentale di smooth-jazz, credo che sarà finito nella primavera del 2018. Con Marcello Bongiolatti, intanto, stiamo realizzando un album con brani scritti per Laura Peretto e Michel La Perna (i cantanti della Evergreen Music ). Sono idee che al momento mettiamo su nastro ma che troveranno sicuramente un loro spazio nel panorama musicale italiano e non solo.
E con la nuova “Evergreen Music Orchestra” dopo Studio 10?
Suonare il più possibile! Siamo appena nati, ma vogliamo farci conoscere come formazione che riporta la musica “live” nei locali.















