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Attualità | 06 maggio 2024, 16:03

Giuseppe Berta, che stupiva per l'ironia e la grande erudizione storico-politica

Era il "Beppe" per tutti i sessantottini di Vercelli, città nella quale era nato e cresciuto e aveva vissuto fino alla laurea

Giuseppe Berta

Giuseppe Berta

Dopo lunga malattia è mancato venerdì scorso Giuseppe Berta: era il Beppe per tutti i sessantottini di Vercelli, città nella quale era nato e cresciuto e aveva vissuto fino alla laurea, movimentando gli anni della contestazione con un’invidiabile dialettica che all’epoca mancava invece ai pochi (o troppi?) leader locali all’interno della nuova sinistra frazionata in gruppi o gruppuscoli in aperta polemica con il PCI (Partito Comunista Italiano). Era verbalmente dotato di fine ironia, come pure di estrema precisione nel citare libri, filosofi, politologi o fatti storici, talvolta persino film hollywoodiani di cui era appassionato (mentre non condivideva l’enfasi del cinema ideologico europeo). Lungo gli anni Settanta fece comunella con Francesco Correale (insegnante al Classico e poi al Cavour) e con Denis Giva ()tudente e poi sociologo di chiara fama) entrambi mancato troppo presto, per malattia, e lontano da una città che amavano ma da cui per molti versi si sentivano respinti.

Nelle molte assemblee pubbliche tra aule magne studentesche e Camera del Lavoro il Beppe stupiva tutti per eloquenza ed erudizione storico-politica, al punto che venne invitato a collaborare con l’Università dove studiava (la celebre Statale di Milano) ancor prima di laurearsi. Ecco quindi che il dottor Berta, poi Professore lascia Vercelli per spostarsi a Milano, poi Torino, e in molte altre città del mondo, dove veniva chiamato quale maggior esperto di storia contemporanea, studioso in particolare del movimento operaio e dell'industria italiana. Assunse incarichi prestigiosi: collaborando in primis dal 1978 al 1985 con il Centro Studi della Fondazione Adriano Olivetti e fondando nel 1984 l’ASSI (Associazione di Storia e Studi sull'Impresa) di cui fu anche presidente dal 2001 al 2003. Dal 1996 al 2002 Beppe dirige l'Archivio Storico Fiat, pubblicando sulla casa automobilistica diversi volumi di fondamentale valore scientifico-documentario.

Come studioso Berta si specializza nella storia dell'industria italiana, delle élite economiche, delle rappresentanze degli interessi e della relazione tra business e politica:e in tal senso diventa professore associato di Storia contemporanea alla prestigiosissima Università Bocconi di Milano, non senza aver prima insegnato negli atenei di Torino, Bergamo, Castellanza. Col tempo egli studia in profondità il sistema duale di economia mista a trazione pubblica e privata dell'Italia unitaria, da lui ritenuta una delle esperienze più originali del Novecento, mentre critica apertamente l'ideologia economica del "vincolo esterno" formulata da Guido Carli, ritenuta penalizzante per l'economia e l'industria italiane. In tal senso furono non pochi i sindaci, i ministri, i sottosegretari italiani a rivolgersi a lui, spesso privatamente, per avere consigli sul ‘come’ governare il paese. Ma il Beppe non scese mai in campo a livello politico, pur manifestando le proprie simpatie, a cominciare dalle colonne dell’Espresso: nel XXI secolo preferì via via far parte del Comitato Scientifico della Fondazione Feltrinelli, del Centro Studi della Confindustria, del consiglio di amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi di Torino e del ruolo di corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino o di quello di condirettore della collana "Storia. Studi e ricerche", edita da Franco Angeli..

Forse per il fatto che criticava apertamente le pseudo-competenze di alcuni politici locali di tutti i Partiti seduti in giunta e consiglio comunali almeno dal 1975 in avanti, Vercelli non è mai stata troppo generosa con lui – non vinse né il Bicciolano d'Oro né il Vercellese dell'Anno – il quale invece tornava volentieri a ritrovare i ‘vecchi’ amici, a mangiare l’amata panissa e soprattutto a presentare libri o a dibattere pubblicamente. Le sue competenze sarebbero state utili (e in via teorica lo sono tuttora) per lo sviluppo della nostra città, ma alcuni meschini egoismi lasciano spesso fuggire altrove (anche all'estero) i migliori cervelli, oppure ne misconoscono i pregi e i valori qualora continuassero a vivere in loco (e talvolta lavorare fuori). C’è da augurarsi, infine, che il Beppe venga presto ricordato a Vercelli con tutti gli onori del caso.

 

Guido Michelone

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