Da giocatore prima e da allenatore poi non è mai stato un codardo e ci ha sempre messo la faccia. Pagando per il suoi errori, come gli successe quando usò frasi razziste nei confronti di Vieira (rimediando una lunga squalifica) o quando disse di non conoscere il Diario di Anna Frank, forse per strizzare l'occhio ad alcuni ultras della Lazio suoi amici (che negavano l'orrore dell'Olocausto). Il ricordo di Sinisa Mihajlovic è quello di un guerriero ed un combattente, che ha vinto moltissimo sul campo e in panchina, ma purtroppo ha perso la partita più importante, quella per la vita.
Nel luglio 2019 fa la scoperta della malattia
Nelle scorse ore è arrivata purtroppo la notizia che tutti temevano. L'ex tecnico del Torino ha visto precipitare la sua situazione e dopo quasi tre anni e mezzo di lotta contro la leucemia che lo aveva aggredito all'inizio dell'estate 2019, quando era da poco tornato alla guida del Bologna, si è spento, circondato dall'affetto della moglie Arianna e dei cinque figli, una delle quali lo aveva reso da poco nonno.
Un male subdolo ha avuto la meglio su di lui, nonostante Sinisa avesse guardato in faccia la malattia "per prenderla a pugni", come disse lui stesso, quando annunciò a tutti di dover lasciare la panchina per sottoporsi ad un lungo periodo di cure e di chemioterapia. Subito l'intero mondo del calcio si strinse attorno a lui, i tifosi del Toro trascorsero quell'estate del 2019 in cui la loro squadra giocava i preliminari di Europa League esponendo ogni volta un enorme striscione con su scritto 'Sinisa non mollare', per testimoniargli la loro vicinanza.
Una carriera costellata di vittorie
E, appena aveva potuto, il tecnico era ritornato in panchina, anche se visibilmente provato, con un berretto in testa e profonde rughe a segnarne il viso scavato dal dolore e dalla malattia. Quando la battaglia sembrava vinta, nel marzo scorso la leucemia è tornata a picvjiare forte, costringendo Sinisa ad un nuovo ciclo di pesanti cure. Mihajlovic era fatto così, non era abituato a scappare, lui orgogliosamente serbo, che aveva conosciuto anche gli errori del conflitto nella ex Jugoslavia.
Era soprannominato il 'sergente', anche per la sua vicinanza al comandante Arkan (altra situazione che gli procurò noie e problemi, ndr), uno dei militari che combatterono durante quegli anni tremendi dopo la fine della vecchia Jugloslavia. Un difensore dai piedi buoni che batteva magistralmente le punizioni, tanto da segnare ogni anno diversi gol, capace di farmi amare prima dai tifosi della Roma e poi da quelli della Lazio, dove visse gli anni migliori della carriera, insieme a quelli giovanili nella Stella Rossa di Belgrado.
Un anno e mezzo alla guida del Toro
Chiuse la carriera nell'Inter del suo amico Roberto Mancini, di cui divenne il vice, prima di iniziare la carriera di allenatore che lo portò anche alla guida del Toro (e a sfiorare la panchina della Juve, qualche anno prima). Rimase un anno e mezzo con i granata, dal luglio 2016 al gennaio 2018, senza risultati eclatanti, con sconfitte ma anche con alcune roboanti vittorie. Perché la sua squadra giocava sempre a viso aperto e senza paura. Perché così era Sinisa e così è stato fino all'ultimo dei suoi giorni.
Oggi lo piangono tutti: amici, ex compagni, ex giocatori, dirigenti di tutte le squadre. Perché un uomo di questo coraggio merita solo grande rispetto nel momento dell'addio. Ad appena 53 anni.
Il ricordo di Appendino e il ritardo del Toro
Subito si sono susseguiti i commenti e i ricordi, quando la notizia della morte di Mihajlovic è diventata ufficiale. Alle ore 16, però, il Torino FC non aveva ancora sentito il bisogno di scrivere anche solo un tweet o un messaggio di commiato per ricordare la figura del suo ex allenatore. Poi, finalmente, alle ore 16.20 è arrivato un lungo messaggio concluso da un "Ciao Sinisa. Ci mancherai tantissimo".
Lo ha ricordato subito, invece, con poche ma sentite parole l'ex sindaca di Torino Chiara Appendino: "Con #Mihajlovic se ne va un pezzo di storia della Serie A, un grande sportivo che ha conosciuto bene anche la mia Torino. Mando sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi cari". Poi è arrivato il cordoglio anche di Augusta Montaruli e di altri personaggi del mondo della politica, oltre che dello sport.