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Politica | 23 aprile 2017, 11:07

Senza casa, senz'acqua, senza diritti: storie di ordinaria precarietà

MICHELANGELO CATRICALA': LA MIA BATTAGLIA DALLA PARTE DI CHI E' MOROSO INCOLPEVOLE

Senza casa, senz'acqua, senza diritti: storie di ordinaria precarietà

Riceviamo e pubblichiamo

Da alcune settimane mi sto occupando dell’ennesimo caso di abbandono sociale: una signora che è stata sfrattata circa un anno e mezzo fa, che non gode affatto di buona salute e che a breve dovrà essere operata. Dopo aver girovagato per alberghi e ponti, (la sua ultima dimora dallo scorso dicembre è sotto il cavalcavia di Greggio), la poveretta viene a scoprire  che risulta anche priva di residenza: la diabolica logica  della burocrazia dice che se non hai casa, non hai residenza, ma soprattutto non hai diritto neanche ad un’assistente sociale e conseguentemente a tutti i possibili aiuti del caso (come ad esempio la possibilità di accedere alle case popolari, l’accesso all’assistenza sociale o, più semplicemente, l’ottenimento di carta di identità). A breve, dopo vari miei colloqui con Politiche sociali ed in ultimo con l’ ufficio anagrafe, dovrebbe riuscire ad ottenere una “residenza virtuale”. Residenza che dà “diritto” ad un indirizzo anagrafico convenzionale. Si dà a chi è senza fissa dimora, ma che comunque vaga per la città o nelle sue immediate vicinanze. Si tratta di un concetto a cui si presta scarsa attenzione perché si ha la fortuna di vivere stabilmente in un determinato luogo. In fondo è naturale pensare che per beneficiare della gran parte dei diritti (civili e sociali) che lo Stato riconosce basti effettuare l’iscrizione all’anagrafe del Comune di residenza. Insomma lo si dà per scontato spesso però, quando qualcosa ci sembra ovvia smettiamo di riflettere sul modo in cui l’abbiamo ottenuta e non contempliamo neppure l’idea di perderla.

Un altro caso è quello di Luisa (nome di fantasia perché vuole mantenere l’anonimato per tanti ovvi motivi), una signora di 54 anni. Vive con pochi euro al mese, spesso non riesce ad unire il pranzo con la cena, è senza lavoro, ma quel che è peggio è senz’acqua da circa 5 anni. A peggiorare il tutto è la sua situazione di salute molto cagionevole. Luisa è anche mamma e ci tiene molto a ringraziare il figlio che quando può va a trovarla con i sacchi della spesa per riempire il frigorifero che spesso e volentieri è vuoto. La signora è una morosa incolpevole e come tale ha diritto ad avere l’acqua perché lo impone la Costituzione, la legge e la dignità umana afferma Busto. Abbiamo informato immediatamente gli Uffici comunali della problematica di Luisa, la quale ha già consegnato la dovuta documentazione. Un appello al primo cittadino, ricordandole l’Articolo 50, del D.Lgs. n. 267/2000 che recita al comma 5 che, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco quale rappresentante della comunità locale, ma al di là di quanto sancito dalla legge, vorrei ricordarle che queste situazioni non possono e non devono verificarsi più nel 2017 nella città che lei governa.

Adesso il Comune ha il nominativo anche di questa persona, oltre che di altre come il signor Belvedere che è senz’acqua da più di 7 anni e che è costretto a lavarsi nella fontana o quando può comprare un po’ d’acqua semplicemente per bere o per mangiare.

Pongo nuovamente la domanda:  siamo in Africa (dove l’acqua manca veramente) o a Vercelli?

Michelangelo Catricalà, Consigliere M5S, Mirko Busto, deputato M5S

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