"Abbiamo accettato tanti sacrifici, in questi dieci anni, per consentire all'azienda di andare avanti. Ora non è possibile pensare di perdere tutto". C'è un clima pesante, di preoccupazione, lunedì mattina, fuori dai cancelli delle Officine Meccaniche Cerutti. Venerdì la proprietà ha annunciato la chiusura del polo produttivo di Vercelli e 163 esuberi.
"Numeri dietro ai quali ci sono persone, famiglie, mutui, figli che stanno studiando" racconta uno degli operai che, dalle 9, partecipa al presidio di sciopero. La Cerutti è una fabbrica storica del territorio vercellese e casalese. "Essere assunti qui, un tempo, veniva considerato come trovare posto in un'azienda pubblica", racconta Francesco Ruggiero, ex Rsu della Fiom: lui, in pensione da poco più di un anno, per tutta la vita ha lavorato in azienda, e ha anche sottoscritto molti degli accordi degli ultimi dieci anni di crisi. "I lavoratori - racconta - hanno accettato i sacrifici ma nessuno degli ultimi piani industriali presentati si è mai trasformato in concrete possibilità di rilancio dell'azienda".
Di prima mattina, al presidio sono passati il sindaco Andrea Corsaro, l'arcivescovo Marco Arnolfo, il direttore della Caritas Gianni Brunoro, il vicario generale della diocesi don Mario Allolio e alcuni esponenti politici, tra cui l'ex sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba.
Corsaro ha assicurato che, alle 12, sarà presente anche all'incontro in Prefettura.
"Al Prefetto spiegheremo la situazione e le nostre preoccupazioni - spiega Ivan Terranova, segretario generale della Fiom Cgil -. Nelle trattative con l'azienda, invece, l'obiettivo principale sarebbe riuscire a mantenere parte della produzione a Vercelli. E, ovviamente, si lavora per rendere meno traumatica possibile la situazione dei lavoratori". Molti, tra i dipendenti, sono operai di lungo corso: lavorano in Cerutti da venti, trent'anni. Hanno molta esperienza ma nessuna possibilità di spenderla sul mercato del lavoro di un territorio che offre poco, pochissimo. Soprattutto per gli over 50. Solo una ventina tra loro hanno la possibilità teorica di agganciarsi a qualche forma di pensione "E considerando che in Italia, quando le cose vanno male si toccano le pensioni, la prospettiva non è certo buona", commentano i sindacalisti delle Rsu aziendali. Per la maggior parte, il futuro è incerto. Così come lo è per i più giovani che, magari, da poco hanno messo in piedi una famiglia.
Nel corso della mattina arrivano a dare un sostegno anche i colleghi di Casale dove, secondo il piano aziendale, dovrebbe essere costituita la NewCo per dare lavoro a 120 dipendenti circa: la preoccupazione di tutti i lavoratori, al di là dell'esito del concordato, è che nel giro di un anno, una volta completate le commesse in atto per una decina di macchine, la situazione precipiti in via definitiva.


















