Un altro campione che se ne va troppo presto. Un altro grande giocatore, dopo Sinisa Mihajlovic, che perde la battaglia per la vita. Il calcio italiano e mondiale dicono addio a Gianluca Vialli, il capitano della Juve vincitrice dell'ultima Champions, nel 1996 a Roma contro l'Ajax, una vita di gol e di successi iniziata con la Cremonese di Emiliano Mondonico (altro primattore vinto dal cancro), proseguita con la Samp del suo 'gemello' Roberto Mancini, condotta allo storico scudetto del 1991, prima della lunga avventura in bianconero e del finale di carriera nel Chelsea, di cui fu anche allenatore.
Persa la lotta contro il tumore al pancreas
Il tumore al pancreas che lo aveva aggredito negli anni scorsi si era aggravato di recente, tanto da costringere il dirigente azzurro ad abbandonare i suoi impegni al fianco della Nazionale per dedicare maggiore tempo alle terapie e alle cure. Quando poi si è saputo che anche la madre 87enne Maria Teresa era volata nei giorni scorsi a Londra - dove l'ex attaccante vive da anni - per stargli accanto in ospedale si è intuito che la situazione stava precipitando. Fino alla tragica notizia arrivata pochi minuti fa.
Negli ultimi giorni tutto il mondo del calcio si era stretto attorno a lui, con decine di messaggi di incoraggiamento da parte di calciatori, ex compagni, amici e tifosi. Compresi quelli della Juve. Un grande striscione, su tre righe, era stato esposto sulle inferriate dell'Allianz Stadium: "Vialli uomo vero, vinci questa battaglia da vero guerriero". Ed un altro era stato srotolato mercoledì sera durante la partita di Cremona. Perché tutti, pur divisi dal colore della fede calcistica, sono stati uniti nel sostenerlo nella partita più difficile.
Il cordoglio della Juve e della Figc
"Ciao Gianluca": la Juventus saluta così il campione. Sui social il club bianconero ha voluto omaggiare l'ex capitano postando una sua foto mentre alza al cielo la Champions League, dopo la vittoria nella finalissima del maggio 1996 contro l'Ajax. Anche la Figc, attraverso le parole cariche di commozione del presidente Gabriele Gravina, ha ricordato Vialli, annunciando che nel fine settimana verrà osservato un minuto di silenzio su tutti i campi.
L'omaggio del mondo politico
Cordoglio anche da parte del mondo della politica. "E' morto Gianluca Vialli: un grande calciatore, un ottimo tecnico. Un'altra stella del nostro mondo si è spenta. Una preghiera per 'Lucagol' e per la sua famiglia". Così l'assessore regionale piemontese allo Sport Fabrizio Ricca. L'ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, lo ha ricordato così su Twitter, postando una sua foto dopo il trionfo azzurro del 2021 a Wembley: "Fa male vederti andar via ma voglio ricordarti così, in quelle Notti Magiche di cui sei stato esempio e faro. Ciao Gianluca".
"Un campione in campo e nella vita. Per te Gianluca l’abbraccio forte di un Piemonte che ha avuto l’onore e la fortuna di conoscerti. E che ti ha sempre voluto un gran bene": queste invece le parole che gli ha dedicato il presidente della Regione Alberto Cirio.
Il ricordo di Malagò, di Allegri e del Toro
"Lo sport italiano e il calcio in particolare oggi hanno perso un campione ma soprattutto un uomo tutto di un pezzo". Sono state le parole di omaggio da parte del presidente del Coni Giovanni Malagò, che ha ricordato come Vialli fu l'unico calciatore ad avere avuto l'onore di portare la bandiera olimpica durante la cerimonia di chiusura dei Giochi Invernali del 2006 a Torino.
"Prima di cominciare è doveroso ricordare Castano e Vialli: due giocatori e uomini che hanno dato al calcio, alla Juve e sono entrati nella storia del club e nella storia della Nazionale"; ha detto il tecnico bianconero Max Allegri, cominciando la conferenza stampa della vigilia con un minuto di silenzio. "Per i giocatori più giovani Luca è un esempio da seguire, mancherà a tutti noi". A Vialli ha reso il giusto tributo anche il Torino, avversario di tanti derby: "La vita è fatta per il 10% di quel che ci succede e per il 90% di come lo affrontiamo. Ciao Gianluca, cittadino del mondo, orgoglio d'Italia".
Dalla Cremonese a 'Stradivialli"
"Stradivialli", come lo aveva ribattezzato il maestro del giornalismo sportivo Gianni Brera, se ne è andato all'età di 58 anni. Il gol in rovesciata erano la sua specialità, tanto da averne fatto per alcuni addirittura l'erede di 'rombo di tuono' Gigi Riva. Vialli però, era più centravanti, anche se moderno e di manovra, rispetto al grande numero 11 del Cagliari e della Nazionale. In comune hanno l'aver portato al vincere uno scudetto squadre che non appartenevano al gruppo delle più blasonate. Quel trionfo del 1991 della Sampdoria è stato l'ultimo prima che il calcio italiano conoscesse l'egemonia del trio Juve-Milan-Inter, con le uniche eccezioni di Lazio e Roma nel 2000 e 2001.
Il quadriennio con la Juve
Dopo aver portato i blucerchiati alla finale di Champions (persa nei supplementari contro il Barcellona), Vialli decise che a 28 anni la sua avventura a Genova era finita e accettò la corte della Vecchia Signora. In breve ne diventò il leader, malgrado la presenza in squadra di un certo Roberto Baggio, ma nel primo biennio furono più le delusioni e gli infortuni che i successi. La svolta arrivò nell'estate del 1994, quando Marcello Lippi prese il posto del Trap sulla panchina bianconera. A 30 anni Vialli conobbe una seconda giovinezza e da capitano e trascinatore guidò la squadra prima allo scudetto (che mancava da nove stagioni) e poi alla agognata Champions League, con un repertorio di gol, giocate di classe ma anche spirito di sacrificio messo al servizio della squadra.
La (breve) avventura in panchina
Fu lui ad alzare al cielo di Roma la coppa dalle grandi orecchie, prima di misurarsi con una nuova esperienza, di calcio e di vita, scegliendo Londra e il Chelsea. Gli anni ruggenti erano ormai alle spalle, ma da giocatore-allenatore Vialli si tolse alcune soddisfazioni importanti, tanto da lasciar presagire che avrebbe avuto un futuro luminoso anche in panchina. All'inizio degli anni Duemila i tifosi della curva Scirea invocarono a lungo il suo nome ("Abbiamo un sogno nel cuore Gianluca allenatore") quando le cose non andavano bene, prima del ritorno di Lippi.
La malattia e la chiamata in azzurro
Poi, in realtà, Vialli non ebbe molta fortuna come tecnico e scelse di occuparsi di altro e nel tempo si è reinventato commentatore ed opinionista tv. Prima che il suo vecchio amico Mancini, divenuto ct della Nazionale, gli chiedesse di dargli una mano diventando capo delegazione degli Azzurri. Un incarico che gli fu assegnato quando già aveva scoperto la malattia, ma il tornare con il Club Italia e vivere la grande esperienza e il successo del 2021 agli Europei sono stati una medicina formidabile per lui.
Tutti abbiamo ancora negli occhi il lungo abbraccio tra lui e il Mancio, dopo il rigore decisivo parato da Gigio Donnarumma nella finale di Wembley contro l'Inghilterra. Per Vialli, che in nazionale non ebbe mai molta gloria da calciatore (fallendo clamorosamente l'appuntamento con i Mondiali di Italia 90), un modo per cancellare le delusioni del passato e contribuire a scrivere una pagina di storia, anche se con un ruolo marginale.
Il suo posto nella storia del calcio e della Juve, però, nessuno potrà mai portarglielo via, neppure la malattia più subdola. Buon viaggio bomber.