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Notizie dal Piemonte | 26 ottobre 2018, 19:33

Ossa fatte a pezzi per accelerare la cremazione

EMERGONO PARTICOLARI TREMENDI DALL'INCHIESTA DELLA PROCURA DI BIELLA SUL TEMPIO CREMATORIO

Ossa fatte a pezzi per accelerare la cremazione

“Una lugubre catena di montaggio della morte, a fini di lucro”. Queste le durissime parole, del procuratore della Repubblica Teresa Angela Camelio, che fotografano l’inchiesta che ha sconvolto la città, portando all’arresto di due persone e alla chiusura del tempio crematorio che si trova nell’area cimiteriale cittadina. Nel corso della conferenza stampa che si è conclusa poco fa, il procuratore ha fornito diversi macabri dettagli di quanto sarebbe avvenuto nel Tempio e che ha portato all’arresto cautelare in carcere di due persone, attualmente in via dei Tigli. Si tratta di Alessandro Ravetti, amministratore delegato della Socrebi, la ditta che gestisce l’impianto, figlio dell’impresario funebre Roberto Ravetti, e Claudio Feletti, 56 anni, di Ponderano.

L’indagine è iniziata lo scorso 20 settembre, con una serie di pedinamenti e di appostamenti da parte dei carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria presso la Procura di Biella. Subito dopo sono state posizionate dai militari delle telecamere che hanno immortalato quanto avveniva all’interno del tempio. In pratica il tempio era diventato una vera e propria macchina da soldi, che per funzionare doveva girare a pieno regime. Anzi, di più. Molto di più. Tanto che turni e ritmi delle cremazioni dei corpi venivano svolti violando molti articoli del codice penale. Da qui le accuse di distruzione di cadavere, violazione di sepoltura e gestione pericolosa di rifiuti. Dall’indagine dei militari infatti è emerso che corpi diversi venivano bruciati insieme, mescolando le ceneri, che in alcuni casi sono state buttate nei contenitori dell’immondizia differenziata. I carabinieri hanno quindi sequestrato asce, roncole, pale, mannaie che venivano utilizzati per spaccare ossa e rendere le operazioni più veloci. “Corpi particolarmente grandi venivano divisi in turni di cremazioni diversi” ha spiegato il procuratore, dichiarando che di queste operazioni la Procura ha un’ampia e documentata serie di filmati e di fotografie. Dalle immagini emergerebbe che nel ciclo della cremazione sarebbe stato anche gettato un cane.

Questi ed altri i dettagli forniti alla stampa, nella consapevolezza di un’inchiesta che colpito la città per la notorietà degli arrestati e la drammaticità del quadro indiziario. C’è inoltre da tener presente che, a questo punto, anche familiari che hanno affidato i propri cari alla ditta per la cremazione, potrebbero chiedere conto alla giustizia sulla possibilità di essere stati truffati. Il forno crematorio secondo quanto ricostruito dagli investigatori, avrebbe nello spazio di pochi mesi più che triplicato il numero di operazioni di cremazione effettuate (a ciclo continuo). Passando di fatto ad un + 441% di aumento di produzione in pochi mesi. Da qui la richiesta (stoppata in consiglio comunale) della Socrebi che lo gestisce di un secondo forno. In pratica la struttura biellese per eseguire a norma di legge tutte le operazioni di cremazione e di sistemazione dei corpi, avrebbe potuto eseguire un massimo di quattro operazioni al giorno. Da quanto documentato dai militari, invece, ne venivano effettuate almeno quindici. Questo esponenziale aumento del ciclo di lavoro avrebbe portato alla violazione di tutta una serie di adempimenti previsti dalle legge. Un altro esempio che è stato fornito nel corso dell’incontro con i giornalisti: alle bare veniva tolto la parte in zinco, per accelerare le procedure di cremazione, che dovrebbero durare almeno un paio d’ore. Con il solo corpo e la bara in legno, invece, l’operazione poteva durare anche la metà del tempo. Ed in caso di qualche problema, secondo quanto emerso dall’indagine, ancora non conclusa, si procedeva con il rompere casse toraciche e ossa varie in nome della fretta e di finire al più presto. In tal senso i carabinieri hanno sequestrato 240 chilogrammi tra ossa e ceneri, che non sarebbero state smaltite o che addirittura erano state abbandonate.

L’impianto si trova nel cimitero cittadino ed è gestito dalla Socrebi, società creata dall’impresa di pompe funebri Ravetti, che attraverso un project financing ha costruito struttura e impianto. Il valore è di circa due milioni di euro. La ditta ha la gestione per i prossimi 27 anni. Da quanto si può apprendere dal sito Internet della società, ogni cremazione costava intorno ai mille euro.

dal nostro corrispondente a Biella

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