Economia - 15 dicembre 2025, 07:00

Per quali professioni è obbligatorio avere una polizza RC?

Per quali professioni è obbligatorio avere una polizza RC?

In Italia c’è un momento preciso in cui smetti di essere “un professionista” in astratto e diventi, agli occhi della legge, una potenziale fonte di danni: è quando inizi a firmare. Progetti, pareri, bilanci, atti, ricette, certificazioni. È esattamente lì che entra in scena la polizza di Responsabilità Civile Professionale. E per molte categorie non è un suggerimento, ma un obbligo, scolpito nel D.P.R. 137/2012, il regolamento che ha riformato gli ordinamenti professionali e ha imposto ai professionisti iscritti ad albi di assicurarsi contro i rischi derivanti dalla loro attività.

L’idea alla base è: tutelare i clienti, ma anche evitare che un singolo errore travolga economicamente il professionista. Solo che, come spesso accade in Italia, tra il principio e la pratica ci si muove in un labirinto di norme, obblighi, eccezioni e categorie diverse.

Il quadro normativo: dalla riforma degli ordini all’obbligo assicurativo

Per capire perché oggi tanti professionisti non possono lavorare senza una polizza RC, bisogna fare un salto indietro. Tutto parte dalla Legge 148/2011, che delega il Governo a riformare gli ordinamenti professionali, indicando espressamente, tra i criteri, l’obbligo per il professionista di essere assicurato per i danni causati ai clienti.

Quella delega si concretizza con il D.P.R. 7 agosto 2012 n. 137. L’articolo 5 è la chiave di volta: stabilisce che il professionista è tenuto a stipulare un’assicurazione per la responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività, e che la violazione di questo obbligo costituisce illecito disciplinare.

Non solo: il professionista deve anche informare il cliente, già al momento dell’incarico, degli estremi della polizza e del massimale, aggiornandolo sulle eventuali modifiche. Non basta averla, bisogna essere trasparenti.

Dal 15 agosto 2013, quindi, la musica cambia: chi è iscritto a un Ordine o Collegio non ha più scelta, se vuole esercitare regolarmente.

Chi è obbligato davvero: le professioni ordinistiche sotto la lente

Qui arriviamo al punto che interessa tutti: per quali professioni la polizza RC non è solo consigliata ma legalmente obbligatoria?

La risposta, in sintesi, è: tutti i professionisti iscritti a un Ordine o Collegio. Il D.P.R. 137/2012 è pensato proprio per loro.

Questo comprende, tra gli altri, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, notai, ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, medici e professionisti sanitari, psicologi, veterinari, assistenti sociali, biologi, agronomi, farmacisti, con declinazioni e regole specifiche all’interno dei singoli ordinamenti.

Per alcune categorie l’obbligo è stato poi ribadito o rafforzato da normative dedicate.
Gli avvocati, ad esempio, vedono confermato l’obbligo di assicurazione anche nella loro legge professionale (L. 247/2012), che impone la copertura per la responsabilità civile derivante dall’esercizio e per gli eventuali collaboratori.

I commercialisti e i professionisti dell’area economica sono espressamente richiamati nelle norme che attuano la riforma, con l’obbligo di stipulare una RC e di comunicare al cliente gli estremi della polizza e il massimale.

Gli ingegneri, architetti, geometri, periti rientrano pienamente nel perimetro del D.P.R. 137/2012: firmando progetti, direzioni lavori, certificazioni, sono esposti a richieste risarcitorie anche molto elevate, e il legislatore ha deciso che non possono esporsi “a mani nude”.

Il caso particolare della sanità: la legge Gelli-Bianco

Poi c’è la sanità, che merita un capitolo a sé. Con la Legge 24/2017, la cosiddetta Gelli-Bianco, l’obbligo assicurativo per le professioni sanitarie viene ridisegnato e rafforzato. Le strutture sanitarie, pubbliche e private, devono dotarsi di coperture per la responsabilità verso terzi e verso i prestatori d’opera; per i singoli professionisti sanitari viene previsto l’obbligo di copertura, con regole particolari su come adempiere, anche tramite polizze collettive o convenzioni.

Si aggiunge anche la possibilità per il paziente di agire direttamente contro l’assicurazione, tema che negli ultimi anni ha avuto importanti conferme giurisprudenziali.

In sostanza: nel settore sanitario il legislatore ha preso atto di una realtà ovvia ma spesso rimossa, e cioè che la richiesta di risarcimento non è un’ipotesi teorica ma una concreta possibilità, e che senza un sistema assicurativo adeguato l’intero sistema rischia di collassare.

Professioni non regolamentate: niente obbligo formale, rischio reale

E chi non è iscritto a un albo? Qui entra in gioco un’altra distinzione: le professioni non organizzate in ordini o collegi. Il Ministero ricorda chiaramente che, per queste attività, non esiste oggi un obbligo legale generalizzato di RC professionale.

Tradotto: se sei un consulente marketing, un formatore, un web designer, un project manager, un social media specialist, un coach, un consulente aziendale non ordinistico, la legge non ti impone in modo esplicito la polizza. Ma questo non significa che il rischio non esista. Significa solo che se sbagli e il cliente ti chiede i danni, sarai tu, con il tuo patrimonio personale, a rispondere.

È la grande ipocrisia del sistema: si è scelto di obbligare chi appartiene alle professioni più “tradizionali”, ma il mondo del lavoro reale pullula di professionisti che gestiscono budget, dati, progetti delicatissimi senza una tutela minima. Fino al giorno in cui arriva il problema, e ci si accorge che una RC sarebbe stata meno cara di un avvocato.

Perché lo Stato la pretende: la ratio dell’obbligo

Chi vede nella RC un’imposizione punitiva perde di vista il punto. La ratio dell’obbligo è duplice: da un lato garantire una tutela effettiva al cliente danneggiato, dall’altro permettere al professionista di esercitare senza il terrore costante di essere economicamente distrutto da un contenzioso.

Per capirci: senza polizza, un errore può significare la fine della carriera, la vendita della casa, anni di cause. Con la polizza, l’errore resta grave, ma l’impatto patrimoniale è gestibile. Non è un lasciapassare per la negligenza; è il riconoscimento che anche il professionista più scrupoloso può sbagliare, soprattutto in contesti normativi sempre più complessi.

E infatti, a dare forza a questa visione, non c’è solo la normativa speciale: nel Codice Civile, la responsabilità del professionista si muove tra dovere di diligenza, obbligazioni contrattuali e responsabilità extracontrattuale, con margini di rischio tutt’altro che teorici.

Le conseguenze di chi non si assicura: non solo multe, ma carriera a rischio

Chi decide di ignorare l’obbligo non si limita a “risparmiare il premio”.
Il D.P.R. 137/2012 è molto chiaro: la mancanza di copertura assicurativa integra illecito disciplinare, e i Consigli degli Ordini possono aprire procedimenti, comminare sanzioni, fino alla sospensione dall’esercizio nei casi più gravi.

In più, in caso di danno, il cliente potrà agire direttamente contro il professionista, che si troverà a difendersi senza alcun paracadute economico. Non esattamente il sogno di chi ha passato anni tra università, praticantato, esame di Stato e formazione continua.

Soluzioni diverse per rischi diversi: la RC non è “una polizza qualsiasi”

Un altro malinteso diffuso è l’idea che tutte le RC professionali siano uguali. In realtà, un avvocato non ha gli stessi rischi di un ingegnere; un medico non ha le stesse esposizioni di un commercialista; un consulente IT affronta criticità del tutto diverse da quelle di un geometra.

Per questo il mercato assicurativo ha sviluppato coperture specifiche per categoria, con clausole, massimali e garanzie opzionali calibrate sul tipo di attività svolta e sull’esposizione alle richieste di risarcimento.

Chi cerca una RC professionale oggi non dovrebbe limitarsi a “fare la più economica”: dovrebbe chiedersi cosa davvero rischia nella propria attività quotidiana, quali errori sono più probabili, quali importi potrebbe realisticamente trovarsi a dover fronteggiare.

Non a caso esistono piattaforme nate proprio per semplificare questo passaggio, con soluzioni dedicate ai diversi profili professionali e possibilità di ottenere dettagli e preventivo a questa pagina, senza dover diventare esperti di gergo assicurativo.

Conclusione: l’obbligo è scritto in Gazzetta, la convenienza è scritta nella realtà

Alla fine il punto è semplice:

  • per le professioni ordinistiche, la polizza RC è obbligo di legge;
  • per molte altre attività “nuove”, è obbligo di buon senso.

Pensare di attraversare il 2025–2026 in un mercato iper-regolato, litigioso, digitalizzato e pieno di responsabilità crescenti senza una copertura adeguata significa confondere il coraggio con l’imprudenza.

La vera domanda non è più “sono obbligato ad avere una RC?”. La domanda, oggi, è: quale sarebbe il costo di non averla proprio il giorno in cui qualcosa va storto?



 



 

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