Nasce il Comitato per il Sì al referendum sulla separazione delle carriere e la riforma del Csm. Martedì pomeriggio, la Camera Penale di Vercelli, che insieme alle altre 128 Camere Penali italiane sostiene la riforma costituzionale per la quale si andrà a votare al referendum del marzo 2026, ha presentato le prime iniziative della campagna.
«Il comitato “Camere Penali per il sì” - spiega Massimo Mussato, presidente della Camera penale di Vercelli - promuovere in sede di campagna referendaria le ragioni della riforma, obiettivo storico dei penalisti italiani, e sollecita il dibattito pubblico sulla necessità della separazione delle carriere, al fine di realizzare una giustizia moderna, trasparente, democratica. Una giustizia più funzionale, nell’interesse di tutti i cittadini».
Al fianco di Mussato, insieme ai colleghi della Camera penale di Vercelli, anche i rappresentanti di Novara, Alessandria, Asti e la vice presidente dell'Unione Camere Penali Italiane Giulia Boccassi. «E' una battaglia che portiamo avanti da ormai oltre trent'anni - dice -. Una battaglia che non ha colore politico ma è condotta nell'esclusivo interesse del cittadino al quale, nei mesi che mancano al referendum, cercheremo di rendere il più possibile chiari i contenuti della riforma. Sarà una missione impegnativa perché, dall'altra parte, ci troviamo di fronte a slogan che, pur essendo vuoti di contenuto, disegnagno scenari apocalittici che allarmano gli elettori». Elettori che, per la verità, sembrano al momento assai tiepidi sul tema, come dimostra un sondaggio realizzato dalla Camera penale di Novara: all'interno di un campione casuale di 371 persone, il 57,4% ha dichiarato di non avere consocenze sufficienti per potersi esprimere sui quesiti; il 29,7% si è detta orientata per il voto a favore e il 12,9% si è detto contrario alla riforma.
«Nella maggior parte dei Paesi Europei - spiega Mussato - così come negli Stati Uniti, in Canada, Giappone, Australia i ruoli di giudice e di pubblico ministero sono distinti. Sistemi diversi ma un principio unico: quello secondo cui chi controlla, cioè il giudice, non può essere il collega di chi è controllato, cioè il pubblico ministero, sottoposto a giudizio al pari del difensore penale».
Una separazione che, secondo il Comitato per il Sì, ha le sue origini nella riforma stessa del codice di procedura penale del 1988. «Il giudice deve essere distinto da chi esercita il ruolo della pubblica accusa - dice Mussato -. Il giudice deve valutare le ragioni delle parti nella ricerca esclusiva delle verità; deve porsi nella sua costituzionale posizione di terzietà e decidere se e come intervenire sulla libertà delle persone e sulla loro vita. Separare le carriere di pubblici ministeri e di giudici tutela entrambi e garantisce loro indipendenza ed equilibrio».
Per questo il Comitato del Sì sarà in piazza Cavour, dalle 9 alle 13 del 19 dicembre, con un gazebo per la distribuzione di volantini e materiali informativi. «Non è una riforma contro i magistrati - ribadisce con forza Mussato -. La loro indipendenza e autonomia, sancita dall’articolo 104 della Costituzione, non viene toccata né messa in discussione. Si cerca però di spazzare via dal Csm le correnti che, in questi anni, sono state una rovina per la Magistratura stessa: lo sdoppiamento, il sorteggio dei componenti e la costituzione dell'Alta Corte Disciplinare vanno in questa direzione».





