L'accusa più pesante, quella di peculato, per la quale finì agli arresti domiciliari, è caduta con formula ampia «perché il fatto non sussiste». Il processo di primo grado verso l'ex sindaca di San Germano, Michela Rosetta, si chiude con una condanna a un anno e due mesi per i soli reati di falso, in relazione a due delibere: una sulla ex chiesa del Loreto (poi demolita) e l'altra per l'acquisto di una partita di mascherine. Assoluzione per le accuse di peculato e per l'abuso d'ufficio (nel frattempo non più previsto come reato); prescrizione per alcuni capi relativi alla demolizione della chiesetta.
Sono da poco passate le 16,15 quando la giudice Enrcia Bertolotto, che presiede la giuria, legge la sentenza: nei confronti di Rosetta, la pubblico ministero Mariagiovanna Compare aveva chiesto 4 anni e due mesi di pena. Nei confronti del Comune di San Germano, parte civile costituita con l’avvocato Anna Binelli, è stata disposta una provvisionale immediatamente esecutiva di 2mila 500 euro, mentre si andrà in sede civile per la quantificazione del danno. Dovrà essere risarcita anche la ditta proprietaria della chiesa abbattuta, parte civicile con l’avvocato Massimo Somaglino.
Nessun risarcimento, invece, per la donna marocchina che, secondo le accuse, sarebbe stata discriminata da Rosetta nella distribuzione dei pacchi covid. Cadendo l'accusa di peculato, vengono meno anche le sue richieste risarcitorie. A carico dell'imputata ci sono le spese processuali e di costituzione di parte civile di Comune e ditta proprietaria della chiesetta ma il collegio le ha riconosciuto i doppi benefici di legge, quindi sospensione condizionale della pena e non menzione.
Presente in aula, come ha fatto per tutto il processo, Rosetta lascia il palazzo di Giustizia con familiari e amici subito dopo la lettura del despositivo, visibilmente sollevata mentre il suo legale, Roberto Capra sottolinea l'assoluzione per l'accusa più grave e di maggior esposizione mediatica.
«Dopo quattro lunghi anni - è il commento di Rosetta - finalmente la giustizia ha parlato: sono stata assolta con formula piena perché il reato non sussiste dalle accuse di peculato (per il quale ero stata messa agli arresti domiciliari) e razzismo. Quelle accuse erano state mosse da alcuni dipendenti comunali, ma oggi la verità è emersa in tutta la sua chiarezza. È stata una prova durissima, che ho affrontato con dignità e fiducia nella giustizia. Sono stata eletta dal 93% dei cittadini, e ho sempre operato con onestà e dedizione verso la mia comunità. Oggi si chiude una pagina ingiusta e dolorosa. Ringrazio di cuore chi mi ha sostenuto e chi non ha mai smesso di credere nella mia integrità».
Demandate alla lettura delle motivazioni le valutazioni in merito a un eventuale Appello.




