“Crisi” non significa automaticamente insolvenza: nel Codice della crisi la crisi è lo squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza, spesso visibile come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte agli impegni. L’insolvenza è lo stadio successivo, quando i debiti non sono più onorabili regolarmente.
I segnali tipici? Tensione di liquidità, calo di fatturato persistente, debiti in crescita, ritardi sistematici nei pagamenti. Operativamente, un campanello d’allarme è un DSCR a 6 mesi inferiore a 1, cioè flussi di cassa insufficienti a coprire il servizio del debito. Il legislatore lega la rilevazione tempestiva a indicatori che misurano la sostenibilità dei debiti almeno sui sei mesi e le prospettive di continuità aziendale.
Sul piano organizzativo, l’articolo 2086 del Codice Civile impone agli amministratori di dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili “adeguati” proprio per rilevare in tempo i segnali e attivarsi. L’articolo 3 del Codice della crisi chiede misure idonee alla rilevazione tempestiva e alla reazione. In breve: governance e numeri devono parlare presto e chiaro.
Il contesto 2024-2025 conferma la pressione: le procedure fallimentari sono cresciute del 17,2% nel 2024 (da 7.848 a 9.194), e le liquidazioni giudiziali hanno toccato quota 9.162 (+19,7%); nel primo trimestre 2025 l’aumento è stato dell’11,3% rispetto all’anno precedente. Dati che rendono ancora più cruciale la prevenzione.
Quando serve davvero la consulenza legale
La consulenza legale per le aziende serve prima che la crisi esploda. In ottica preventiva, il legale aziendale aiuta a costruire assetti e controlli (art. 2086 c.c.), a redigere contratti chiari, a definire policy su crediti, fornitori e rapporti di lavoro, e a impostare una governance che separi poteri, responsabilità e flussi informativi. È la base per leggere in fretta i segnali e intervenire tempestivamente.
Durante la fase acuta, l’avvocato specializzato diventa direttore d’orchestra dei rischi legali: bilancia gli interessi di soci, banche, fornitori e lavoratori, tutela la responsabilità degli amministratori (artt. 2394 e 2476 c.c.), struttura trattative e accordi con i creditori, gestisce contenziosi e, quando serve, procedure collettive o interventi sul lavoro, come licenziamenti collettivi nel rispetto delle regole. La giurisprudenza recente ricorda che la valutazione sugli assetti adeguati va fatta “in concreto”, senza sindacare la discrezionalità se informata: documentare scelte e processi è decisivo.
Nei casi idonei, il legale orienta l’accesso alla Composizione negoziata, lo strumento camerale che consente di negoziare con i creditori in modo riservato e assistito da un esperto indipendente. Un’opportunità che, se attivata per tempo, può evitare esiti liquidatori quando esistono ancora prospettive di risanamento.
Strategie legali per gestire e superare la crisi
La cassetta degli attrezzi, coordinata con CFO, commercialista e revisore, comprende strumenti stragiudiziali e giudiziali del Codice della crisi.
Tra le soluzioni più efficaci vi sono il Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII), che consente di negoziare il risanamento in via contrattuale e riservata; gli Accordi di ristrutturazione (artt. 57 e seguenti CCII), che permettono di omologare intese con una parte qualificata dei creditori; e il Concordato preventivo (art. 84 CCII), utilizzato quando è necessaria una cornice giudiziale per proteggere la continuità o gestire in modo ordinato la liquidazione.
Negli ultimi anni ha assunto un ruolo crescente la Composizione negoziata, un percorso volontario e confidenziale per imprese che mostrano squilibri ma conservano prospettive di risanamento. Secondo Unioncamere, nel 2025 il tasso di successo medio ha raggiunto il 22,5%, con tempi medi intorno ai 325 giorni.
L’elemento determinante, tuttavia, non è la procedura scelta ma la tempestività dell’intervento: un legale esperto può indicare quale strumento è più adatto al grado di crisi, alla struttura dei debiti e alle esigenze di continuità operativa.
Prevenire la crisi: la consulenza legale come investimento
La crisi si previene a monte: con assetti adeguati (art. 2086 c.c.), policy contrattuali solide, clausole di early warning nei contratti di fornitura e finanziamento, deleghe chiare e flussi informativi regolari verso il consiglio di amministrazione e gli organi di controllo.
Il legale, lavorando con CFO e consulenti, imposta piani di tesoreria a 6-13 settimane, presidi su DSCR e covenant, procedure disciplinate per gestire ritardi e rinegoziazioni. È un costo “assicurativo” che evita errori di forma – spesso sostanziali – e tutela la continuità aziendale.
Quando la situazione degenera, muoversi presto aumenta le possibilità di successo: nel 2024-2025 cresce l’uso della Composizione negoziata e migliorano gli esiti positivi, ma la congiuntura resta severa, con fallimenti e liquidazioni ancora in aumento. In sintesi, prima si chiama il legale, migliore è la probabilità di evitare scelte difensive tardive.
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