Niente precipitazioni, niente acqua negli invasi, niente ricarica per le falde. La "tempesta perfetta", capace di lasciare a secco agricoltura e acquedotti, potrebbe presentarsi già nel 2023 se la siccità che ha caratterizzato la stagione 2021-2022 dovesse proseguire. E' lo scenario delineato dal presidente del Consorzio Baraggia Leonardo Gili, dopo un anno molto difficile, nel corso del quale è stato necessario arrivare anche al blocco delle forniture a scopo irriguo per una parte del territorio perché gli invasi avevano raggiunto la quota da preservare a scopo idropotabile.
Agli aspiranti parlamentari del territorio, il Consorzio Baraggia ha inviato un dossier con un piano di interventi decennali, modulato per tappe che consentano ai bacini di reintegrare le scorte, in attesa della costruzione del nuovo invaso sul Sessera, opera da 12,3 milioni di metri cubi d'acqua: se ne parla dal 2006, i progetti sono in fase di valutazione d'impatto ambientale, ma mancano i finanziamenti. «E' un intervento che non metteremo mai da parte», assicura il direttore, Alessandro Iacopino.
Ma per affrontare l'emergenza, nel frattempo, la Baraggia propone altre opere, da eseguire in tempi più rapidi: una gronda idraulica dall'Elvo per prelevare acqua da destinare all'accumulo della diga sull'Ingagna (costo stimato 28,5 milioni di euro); una traversa di derivazione sul fiume Sesia all'altezza di Gattinara per integrare le scorte irrigue di tutto il Centro Sesia. E ancora: il rialzo delle dighe esistenti sull'Ostola e la Ravasanella per raccogliere più acqua nei momenti abbondanza.
Nel territorio dell'Ato2, tra Baraggia e comprensorio di Ovest Sesia si stima un fabbisogno annuo di circa 2 miliardi di metri cubi d'acqua, senza la quale la coltura del riso rischia di finire in declino. Una parte di essi arriva dal Canale Cavour e dalla gestione Ovest Sesia, mentre tutta la fascia a nord (biellese, Baraggia e centro Sesia) dipende dalle dighe biellesi. Non solo: l'allarme lanciato da Gili e da Iacopino riguarda anche il sistema delle falde. «Quest'anno - dice il presidente - siamo riusciti a reggere grazie a una straordinaria capacità di raccogliere ogni singola goccia. E a drammatici tagli, dal 45% al 75% nelle forniture irrigue. Ma non è uno scenario che si potrà ripetere».
A chi si candida per rappresentare il vercellese a Roma e governare l'Italia, i vertici del Consorzio chiedono impegni, anche economici, chiari: qualcuno tra i candidati si è già presentato nella sede per un confronto, altri si sono detti pronti a esaminare richieste e possibili soluzioni.
Su un tema Gili e Iacopino sono però drastici: per affrontare la grande sete del territorio gli interventi sulle infrastrutture delle reti acquedottistiche non bastano. «E' sicuramente importante intervenire sulle reti e ridurre la dispersione - dicono - Ma stiamo parlando di una goccia nel mare. Dati alla mano: per l'idropotabile, in Ato2 vengono usati 45 milioni di metri cubi l'anno. Anche riducendo le perdite dall'attuale 37% al 20%, dato sotto il quale non si scende, si potrebbero recuperare tra i 9 e i 10 milioni di metri cubi per l'uso idrico. Una goccia rispetto ai due miliardi di metri cubi che servono complessivamente».
Da qui la richiesta di sbloccare i progetti fermi e di dare il via ad altre captazioni. «Le dighe servono a garantire riserve di acqua potabile, producono energia e consentono di irrigare il nostro territorio, andando ad avviare quel ciclo virtuoso di ricarica della falda sul quale si regge il nostro sistema agricolo - è la conclusione di Gili -. Se qualcuno ha progetti diversi per garantire l'irrigazione della Baraggia e del Vercellese si faccia avanti: noi siamo pronti a confrontarci».