Arte e Cultura - 28 novembre 2021, 13:30

“Aspettando Beatrice”, sabato 4 dicembre al Civico

Di Giovanni Mongiano (con la complicità di Luigi Lunari)

“Aspettando Beatrice”, sabato 4 dicembre al Civico

Sabato 4 dicembre al Teatro Civico alle 21 (prenotazioni al botteghino o in alternativa da Dosio) verrà rappresentato “Aspettando Beatrice”

di Giovanni Mongiano (con la complicità di Luigi Lunari)

Con: Luca Brancato, Carlotta Giarola, Anna Antonia Mastino, Giovanni Mongiano. musicisti: Claudio Bianzino (sassofoni), Elena Anzola (voce e basso) Vittorio Gallione (chitarre), Riccardo Giusti (batteria), Matteo Sarasso (tastiere).

Coreografie Isabel Cortès Nolten musiche originali Claudio Bianzino costumi Rosanna Franco scenografia Chantal Buratore produzione TeatroLieve; regia Giovanni Mongiano

Come non sentirsi insignificanti di fronte a Dante, eppur superbi (il leone del canto primo...) nel voler creare uno spettacolo sul sommo poeta. Come non sentirsi impotenti come Sisifo, ma sfidare gli dei: sacri filologi, venerabili storici medioevali, divini professori, ineffabili fini dicitori! E imperterriti intestardirsi a spingere un masso fino in vetta alla montagna, o peggio, giù, in vertiginosa discesa, fin nell'abisso in cui è intrappolato Lucifero. Poveri artisti inadeguati, immersi dentro l'immensità di Dante, abbagliati dalla sua vicenda umana, in attesa di un'idea.

E se ci si mette di mezzo una pandemia, costretti a intraprendere un interminabile viaggio: artisti all'inferno, ma senza la guida di Virgilio. Sarebbe poetico e sentimentale credere sia stato Dante a guidarci, noi attori ingannatori. E mentre studiamo e guardiamo dalla finestra (come Conrad) ecco un'idea. Perché non far sentire l'urgenza di una compagnia teatrale, condannata a un lungo silenzio, ma decisa a ricominciare: e attraverso le baruffe di due attori, novelli guelfi e ghibellini, affrontare una sfida impervia ma appassionante. Se nel teatro all'antica italiana, protagonista e antagonista combattono irriducibilmente fino alla morte, qui, al posto dei drammoni ottocenteschi, la cifra stilistica scaturisce da una sotterranea leggerezza e irriverenza, con qualche fatale incursione nel mondo di oggi che ci dà notevoli spunti per descrivere gironi infernali. E per una fortuita e coatta coincidenza trovarsi circondati da musicisti e danzatori, e presi da sacro furore, da tempo represso, creare insieme a loro un nuovo spettacolo: tra tante proposte contrastanti (non era forse meglio di questi tempi, un bel Decamerone, con questa peste che incombe maligna e pervade le nostre menti?) vince proprio Dante Alighieri. Un approccio meno solenne, evitando la retorica della celebrazione attraverso il dissidio tra quei due primi attori, che come succede sempre non sono d'accordo su nulla. E da quel nulla spunta la moglie di Dante, Gemma, ignorata dal poeta e molto irritata, che rinfaccia all'uomo Dante le sue scelte di vita quasi mai condivise (con e dalla moglie...)

Un gioco malizioso dove il filo conduttore sarà proprio la costruzione (in apparenza) improvvisata, di uno spettacolo in cui si intrecciano personaggi immaginari e reali, e certi incontri alle volte lasciano affiorare qualche perplessità. E sopra tutte queste vicissitudini incombe la spasmodica ricerca di Beatrice, introvabile o forse impossibile da rappresentare.

Poi all'improvviso gli artisti finiscono all'inferno. Ma è così diverso da quello che hanno appena affrontato?

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