C’è un gigantesco malinteso che circola nelle sale riunioni italiane da quando la direttiva NIS2 è entrata pienamente in vigore: l'idea che la conformità sia una questione puramente difensiva. Si investe in software di nuova generazione, si potenziano i SOC, si blinda il perimetro. Tutto corretto. Ma si ignora quasi sistematicamente l'altra metà del problema.
La NIS2 non chiede solo di prevenire l'attacco. Chiede anche di dimostrare come avete reagito quando l'attacco è inevitabilmente avvenuto.
È qui che la strategia di molti CIO crolla. Se il vostro processo di Incident Management vive ancora su fogli di calcolo sparsi, email destrutturate o su un sistema di ticketing che funge da semplice "buca delle lettere", siete esposti. In un regime normativo che impone notifiche rigorose entro 24 o 72 ore, l'ITSM non è più lo strumento per "gestire le richieste". È il registro ufficiale della vostra resilienza.
Se i vostri log non parlano chiaro, la sanzione non arriverà per il guasto tecnico, ma per l'incapacità procedurale di gestirlo.
Il "Time-to-Notify" è il nuovo SLA critico
Fino a ieri, la metrica regina del Service Desk era il Time to Resolve. All’utente importava solo quanto tempo ci volesse per tornare a lavorare. Con la NIS2, l'asse si sposta drammaticamente verso il Time to Notify.
Le finestre temporali stringenti per la segnalazione degli incidenti significativi (il famoso "early warning" entro 24 ore e la notifica completa entro 72) rendono l'informalità il nemico numero uno.
Un Service Desk che gestisce gli incidenti via email o tramite "campi note" destrutturati è una bomba a orologeria. Se non riuscite a estrarre in tempo reale dati precisi su chi ha toccato cosa, quando e con quale autorizzazione, non state solo gestendo male l'IT: state fallendo un obbligo di governance.
La pericolosa disconnessione tra SecOps e ITOps
Nelle aziende italiane vediamo spesso un paradosso: il SOC (Security Operations Center) rileva una minaccia su uno strumento di monitoraggio avanzato, ma la "remediation" (l'azione correttiva pratica) viene passata all'IT Operations tramite canali non tracciati o ticket generici.
Questo "handover" è il punto cieco della conformità. Se il flusso di lavoro si interrompe o cambia piattaforma senza una integrazione nativa, si perde la catena di custodia del dato.
L'ITSM moderno deve fungere da tessuto connettivo. Non deve sostituire gli strumenti di cybersecurity, ma deve orchestrarne i processi di risposta. Quando scatta l'allarme, il workflow deve essere già codificato: assegnazione automatica, checklist di contenimento obbligatorie e categorizzazione del rischio pre-impostata. Non c'è spazio per l'improvvisazione creativa del tecnico di turno.
Non si può proteggere ciò che non si conosce (Il ritorno del CMDB)
La NIS2 pone un'enfasi enorme sulla gestione degli asset e sulla supply chain security. Qui crolla il mito del ticketing "leggero" scollegato dall'infrastruttura.
Come potete valutare l'impatto di un incidente su un server se il vostro ticket non è logicamente collegato all'asset, ai software installati su di esso e al contratto con il fornitore che lo gestisce?
L'Asset Management non è più un esercizio di inventario per contare i PC; è la mappa del rischio.
Un sistema ITSM maturo deve permettere di visualizzare le dipendenze in tempo reale: se il fornitore X subisce una violazione, devo sapere istantaneamente quali miei servizi aziendali dipendono da quel fornitore. Senza un database di configurazione (CMDB) integrato e vivo, ogni incidente richiede un'indagine manuale che la legge non vi concede il tempo di fare.
Un software ITSM Italiano per trasformare il vincolo normativo in flusso operativo
Se la diagnosi è che la rigidità operativa rappresenta un rischio legale, la cura non può essere uno strumento ITSM statico. In questo scenario, Deepser si posiziona non come un semplice gestore di ticket, ma come un hub di orchestrazione dei processi conforme alla logica NIS2.
La differenza sostanziale risiede nell'architettura dei dati. Molte piattaforme "legacy" trattano l'Incident Management e l'Asset Management come moduli separati. Deepser, al contrario, nativamente integra questi due mondi in una soluzione all-in-one. Quando si verifica un incidente di sicurezza, l'operatore vede subito il ticket collegato all’asset compromesso, risalire al fornitore (con la gestione dei contratti) e attivare workflow di notifica obbligatori.
Questa "tracciabilità granulare" è ciò che trasforma il caos in auditabilità. Con il modulo workflow di Deepser, è possibile creare automatismi per le tipologie di incidenti critici (es. Data Breach) andando a gestire tutto il necessario.
Inoltre, la natura low-code della piattaforma risponde all'esigenza di velocità. Le normative e le minacce evolvono più rapidamente dei cicli di sviluppo software tradizionali. Deepser permette ai responsabili IT di adattare i processi di risposta agli incidenti in giorni, non mesi, garantendo che la procedura operativa sia sempre allineata all'ultimo requisito legale, senza dover rifare l'infrastruttura da zero.
La direttiva NIS2 non deve essere vista solo come un onere burocratico, ma come una formidabile opportunità per fare pulizia. È la scusa che i CIO aspettavano per smantellare processi obsoleti, eliminare gli strumenti "ombra" e riportare ordine nel caos operativo.
L'obiettivo finale non è compilare un modulo per l'autorità garante. L'obiettivo è costruire un'organizzazione IT che sia, per design, resiliente e trasparente. Chi userà la normativa per evolvere i propri strumenti verso una governance integrata, ne uscirà con un'azienda più forte, più sicura e, paradossalmente, più veloce.
La vostra piattaforma ITSM è pronta a sostenere un audit NIS2 o è il vostro punto debole?
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