Gattinara ha omaggiato uno dei suoi migliori artisti: Mario Baratelli, scomparso al declinare di ottobre, ultimata la vendemmia, intitolandogli l’ampio salone espositivo al primo piano di Villa Paolotti, adiacente al Museo della civiltà contadina. L’elegante targa in cristallo reca scritto: Mario Baratelli, pittore e artista gattinarese, sintetica definizione che racchiude un intero universo artistico e umano calato in un luogo dell’anima: Gattinara.
Baratelli e Gattinara costituiscono un binomio, anche se la sua arte spazia sul territorio e si allarga alle maggiori correnti artistiche del XX e del XXI secolo, non è mai localistica, asfittica, ma è frutto di sguardi ampi, che colgono il declinare del modello industriale, afferrano i sogni degli anni della contestazione giovanile e dei figli dei fiori, ma attingono anche alla classicità rigorosa del disegno e dell’incisione. Mario Baratelli, diceva di aver ereditato dal nonno fabbro, che forgiava forme sinuose dal ferro incandescente, l’amore per il bello, ma era un pittore che non si considerava mai arrivato, aveva sempre qualcosa da scoprire, da studiare.
Ha scoperto la targa di intitolazione del salone il figlio Alessandro con la moglie Katia, le persone che sono state vicine a Mario fino agli ultimi giorni, inattesi, fortuiti, come una gelata fuori stagione. Ormai pareva che la situazione di salute fosse stabilizzata, al pianterreno lo studio era stato trasformato anche in abitazione, facilitando gli spostamenti. Mario avrebbe continuato a vivere tra i suoi quadri, i colori, i profumi di trementina e di acquaragia, continuando a regalare nuove opere, ma è rimasto il suo spirito, aleggia il suo inconfondibile sorriso.
Elisa Roggia, assessore alla Cultura della Città di Gattinara, molto emozionata, ha dato il benvenuto alle numerose persone presenti all’inaugurazione, ricordando la figura umana e artistica di Mario Baratelli: «Alessandro e Katia un giorno vennero in Comune con due quadri che Mario intendeva donare alla città, ringraziai, pensando a un’occasione per farli conoscere e valorizzare adeguatamente l’opera di questo artista. Non ce ne fu il tempo, Mario depose i pennelli, lasciando incompiuta l’ultima opera, anzi affidandocela e oggi gli rendiamo omaggio. Il nostro desiderio è che la sua naturale essenza d’artista sia da guida e ispirazione per tutti coloro che sapranno coglierla».
Piera Mazzone ha presentato la mostra dal titolo antifrastico: “banale e quotidiano”, due parole in minuscolo, collegate da una congiunzione, che riecheggiano il titolo dell’ultima mostra, che nel 2018 era stata ospitata a Ghemme, nell’esclusivo Spazio E di Enrica Pedretti. Mario non fu mai banale e riuscì a trarre dalla quotidianità autentici sprazzi di poesia, trasferiti nei suoi quadri. L’artista espose solo due volte in paese: “Inflorescenze”, allestita nel 1989 nei locali dell’Associazione Culturale di Gattinara - come ricorda Laura Filiberti, che ne fu presidente, e: “Disegni”, inaugurata nel chiesuolo di Gattinara nel 1997, antologizzando il suo personalissimo cammino artistico. Le mostre di Baratelli sono sempre stati “eventi”, presentate da famosi critici d’arte o da artisti, che ne seppero valorizzare l’autentico spirito.
Oggi a Villa Paolotti si possono ammirare esposte molte opere, messe a disposizione dal figlio Alessandro, volutamente non collocate secondo un criterio cronologico, ma per ondate emotive, raccolte in un catalogo con in copertina la sagoma di un uomo che si allontana a passo spedito, va verso il foglio di guardia dove lo ritroviamo al centro, osservato da uno sguardo tracciato con brevi segni di matita da Marcello Mantovani, artista e amico: «Quando cammina, il Mario, è preciso, non spreca un passo. Va avanti, un piede dopo l’altro, arriva sempre a destinazione”, come osserva anche l’artista e amico Enzo Maio: “Cammina per strada come sulla tela, in un’atmosfera rarefatta, dove gli oggetti parlano alle loro ombre e i sogni entrano nelle ossa».
I ricordi di chi l’ha conosciuto ed apprezzato si affollano, come se ognuno avesse un’urgenza di comunicare, di raccontare il ”suo” Mario. Scrivono tre dei suoi galleristi: Massimo Premoli: «Uomo misurato, riservato, gentile, appassionato del suo lavoro”, Alberto Crevola: “Persona educata, raffinata, elegante, silenziosa, ma che al momento giusto sapeva entrare nell’argomento con la consapevolezza di essere colto e preparato”, Enrica Pedretti: “Mario nel suo dipingere coglie un’eternità rabbrividente, l’eternità che è in ogni attimo del quotidiano, l’eternità dove alita la sofferenza e dove i morsi del vivere si mutano in cicatrici pietrificate».
Poi al talento artistico si mescolano le qualità morali: «Restano le sue opere, i suoi pensieri, l’Amicizia e l’affetto che sapeva condividere con generosità, e quel sorriso luminoso che metteva gioia”, mentre per Laura Filiberti: “Pensare a Mario non è difficile: lo ritrovo in tutti i suoi quadri appesi alle pareti della mia casa, ognuno dei quali parla di un momento della sua vita di artista e di uomo». Le opere, con la loro luce inconfondibile, si impaginano ordinate, con i titoli precisi, semplici, apparentemente, scandiscono il succedersi delle varie mostre, dalle fabbriche alle osterie, ai giardini, fino a quella 500 rossa immersa nei fiori, diretta verso una pallida luna che ne guida l’incedere.
La mostra sarà aperta fino al 7 gennaio 2024, visitabile negli orari di apertura dell’Enoteca: tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.15 alle 19.15. La mostra sarà chiusa il 25 e il 26 dicembre.