Anteprima con Giulia, la figlia del grande maestro, per la mostra "Giacomo Manzù. La scultura è un raggio di luna". Giunta a Vercelli da Roma, è stata l'ospite d'onore dell'incontro riservato alla stampa, visitando, accompagnata da Nicola Loi di Studio Copernico, dai curatori Alberto Fiz, Daniele De Luca e Marta Concina, e dal sindaco Andrea Corsaro, il suggestivo allestimento creato in Arca.
Quasi un percorso nella memoria per Giulia Manzù accolta, all'ingresso di Arca, sotto il ciclo di affreschi dell'Albero di Jesse dalla grande opera "Giulia e Mileto in carrozza" che ebbe come modelli e ispiratori proprio i figli del maestro. Anche all'interno di Arca, disseminate tra le opere in mostra, ci sono un ritratto di Inge, la moglie del maestro, e altre opere del ciclo Spielerei che Manzù realizzato ispirato dai figli, mentre nell'ex chiesa di San Vittore, la "Grande Inge di marmo bianco" si presenta, di giorno e di notte, come un incredibile biglietto da visita della mostra stessa.
Il momento forse più emozionante è stato la sosta davanti alla teca che conserva una delicata sedia in ceramica sulla quale è adagiata una natura morta. «La sedia era l'unica cosa che Manzù avesse ereditato da suo padre, ciabattino e sacrestano». Un oggetto di uso comune nobilitato nell'opera d'arte. Ma anche un oggetto fortemente simbolico per il maestro: «Perchè tutto quanto è venuto dopo viene dalla povertà, dalla povertà di una povera sedia - come ebbe a dire -. Io sono felice di essere nato nella povertà. Per povertà intendo essere uomini, quelli che siamo e non illuderci di poter essere diversi per le cose che possediamo».
«La sua vita era una continua sfida con la materia - ha ricordato Giulia Manzù di fronte a una serie di "Cardinali" - Un lavoro costante di interpretazione e reinterpretazione. A volte tornava dal suo studio arrabbiato perché un'opera non stava riuscendo nel modo che lui aveva in mente. Ci lavorava per giorni per ottenere il risultato voluto».
Anche della madre, Inge Schabel, bellissima modella e musa ispiratrice per tante opere, Giulia Manzù ha tracciato qualche ricordo, commentando alcune delle opere che la ritraggono.
Il percorso in Arca, pensato da De Luca come il cammino attraverso un simbolico colonnato di San Pietro illuminato dai raggi di luna, conduce il visitatore in un percorso spirituale fino alla Porta della Morte, il capolavoro nato dall'amicizia tra Manzù e papa Giovanni XXIII. Oltre 30 sculture, alcune delle quali monumentali, messe a disposizione dalla Fondazione Manzù, da Studio Copernico e da collezionisti privati e che coprono un lasso di tempo che va dagli anni '40 fino al 1990, l'anno precedente alla morte del maestro. Opere che vanno dalle sedie all'Ulisse simbolo di eterna ricerca della conoscenza, dagli Strep-tease al Busto di Inge, per arrivare ai Cardinali e al Miracolo di San Biagio che portano il visitatore davanti a una riproduzione in negativo della Porta della Morte e che accompagnano poi, fuori da Arca, in un ulteriore percorso di scoperta nella scoperta. Dalla curatissima mostra con i manifesti delle mostre dedicate negli anni al maestro bergamasco, per arrivare, nella Cappella Pettenati, a uno spazio multimediale in cui viene proposta un documentario-intervista con l'artista.
«Dalla mostra di Vercelli - chiosa Alberto Fiz - emergono le diverse anime di uno scultore che, senza retorica, si è fatto interprete dell'umanità, sapendo cogliere la sacralità profonda anche nel quotidiano».
Come sperimentato negli anni passati, anche la mostra su Manzù sarà l'occasione per far conoscere il territorio e i suoi musei: «Al Leone, Borgogna e Tesoro del Duomo sono esposte opere e creati allestimenti collegati alla rassegna in Arca», spiega De Luca, mentre il sindaco Andrea Corsaro ha sottolineato il percorso fatto negli anni per creare un'offerta culturale degna della città e dei suoi monumenti. «Un cammino sul quale l'amministrazione comunale ha molto investito e al quale progressivamente aggiungiamo tasselli, così come, di anno in anno, procediamo nel recupero di questo incredibile sito che è San Marco. Dopo la riapertura della Cappella Pettenati, l'impegno del Comune sarà rivolto al recupero dell'ultima cappella della quarta navata, recentemente tornata a far parte del patrimonio comunale».