Gentile Direttore,
Le scriviamo per condividere con lei e con i suoi attenti lettori alcune nostre brevi considerazioni in merito alla recente uscita del Presidente del Consiglio Comunale dalla Lega e dal gruppo consiliare in cui insieme ad altri 11 fu eletto consigliere comunale nel maggio 2019 in occasione delle elezioni amministrative che, come ben ricorderete, riportarono la coalizione di centro destra, con il contributo determinante della Lega, primo partito con il 25% dei voti, al governo della Città di Vercelli.
Al di là di quelle che possono essere o apparire le ragioni che hanno condotto il consigliere Romano Lavarino ad aderire al gruppo consiliare e politico di Fdi, interrompendo bruscamente il percorso politico nella Lega, ragioni riguardo alle quali non è qui opportuno soffermarsi, riteniamo però giusto fare chiarezza su alcuni aspetti della vicenda partendo da un dato di fatto tanto inconfutabile quanto fondamentale al fine di una più proficua riflessione.
In data 29 novembre 2021 il consigliere Lavarino fu eletto Presidente del Consiglio Comunale all'esito di un'estenuante seduta in cui né nella prima né nella seconda votazione fu raggiunto il quorum previsto dallo Statuto per la sua elezione, pari rispettivamente ai due terzi (22 su 32 ) in prima votazione e alla maggioranza assoluta (17 su 32) dei componenti del Consiglio in seconda votazione. Più nello specifico il consigliere Lavarino fu eletto alla carica di Presidente con soli 12 voti su 21 votanti all'esito della terza votazione (a cui 9 consiglieri non presero parte) – terza votazione in cui è necessario un quorum più basso rispetto alle prime due, ossia la maggioranza assoluta dei partecipanti al voto - con il contributo “possiamo dire senza timore di smentita” decisivo del gruppo consiliare della Lega, un monolite nel candidarlo e nel sostenerlo sin dall'inizio della votazione insieme a pochissimi colleghi consiglieri degli altri gruppi di maggioranza.
E' chiaro quindi a tutti che sul nome del consigliere Lavarino non si raggiunse quell'indice di gradimento o di condivisione e nemmeno quella convergenza strategica, peraltro solo annunciata, ma poi non realizzata nei fatti tra tutte le forze di maggioranza tale per cui si sarebbe potuto avere un esito fruttuoso già in occasione della seconda votazione.
Alla luce di tutto ciò, appare evidente a noi, consiglieri del gruppo Lega, come l'uscita del consigliere Lavarino dalla Lega non possa essere valutata alla stregua dell'uscita dal partito di un militante o anche di un consigliere comunale. La libertà, declinabile in tutte le sue manifestazioni, anche in quella di pensiero, è certamente un diritto assoluto, un valore irrinunciabile che non può mai essere messo in discussione, neppure in ambito politico.
Chiunque ha diritto di maturare senza condizionamenti di sorta le sue idee politiche, così come ha diritto di cambiare liberamente orientamento, spostando il proprio gradimento verso altre forze politiche. Ci mancherebbe altro. Tuttavia è evidente come nella situazione in questione, così come descritta, non si possa prescindere, a nostro modesto avviso, anche da valutazioni di opportunità politica e di correttezza istituzionale, valutazioni che toccano sia i rapporti tra il consigliere Lavarino e i suoi ex colleghi di partito e sia i rapporti tra gli stessi partiti della coalizione di centro destra, alcuni dei quali, Forza Italia e Fdi, giova ripeterlo, non contribuirono affatto e comunque, anche se lo fecero, in misura marginale e non in modo compatto come si sperava, neppure in occasione della terza votazione, al cui esito fu proclamato eletto con 12 voti il consigliere Lavarino proprio grazie al voto determinante dei consiglieri leghisti presenti, ben 9.
A questo punto, una più approfondita riflessione, quantomeno di oppurtunità politica, si impone necessariamente, a nostro modo di vedere, per il prestigio, la delicatezza e l'importanza delle funzioni a cui il consigliere Lavarino è stato chiamato nel novembre 2021.
Pur chiarendo subito, e così sgombriamo il campo da ogni possibile equivoco, che, come Presidente del Consiglio, secondo noi, ha finora svolto egregiamente i suoi doveri istituzionali, tuttavia auspichiamo come segno tangibile di coerenza, di onestà intellettuale e, ci consenta egregio direttore, anche di moderazione sul piano politico e di rispetto della volontà popolare espressa nelle elezioni comunali del 2019, che videro la netta affermazione della Lega come primo partito in città, che il Presidente del Consiglio rimetta il mandato al giudizio dei partiti maggioranza, al fine di valutare una sua eventuale rielezione.