L'ultimo appello è sempre più vicino. Entro il 2030 il mondo nel suo complesso, ma anche ciascuno di noi nella propria vita quotidiana, dovrà decidere se sterzare verso scelte frenino le emissioni di Co2, oppure se lasciare che l'umanità corra a capofitto verso una situazione mai sperimentata prima, con livelli di emissioni incontrollate, temperature e cambiamenti climatici che potrebbero trasformare la Pianura Padana in una via di mezzo tra il Vietnam e la Siria (o meglio: in un territorio che un anno si trova a scontare siccità e temperature pari a quelle della Siria e un altro si trova a fronteggiare le estati calde e umide intervallate da precipitazioni violente come avviene nel due est asiatico).
Uno scenario che lascia poco spazio all'ottimismo quello disegnato martedì sera da Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico che, ospite di Anga Vercelli e Biella, ha condotto un'avvincente riflessione sul tema del cambiamento climatico e dei suoi effetti sulla pianura padana. Salone Dugentesco gremito e molte domande dopo una relazione densa di numeri e dati, spiegati dal relatore con semplicità e chiarezza. E seguiti da un pubblico attento e consapevole.
Del resto, è il mondo agricolo il primo a trovarsi a fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico: la siccità che mette a rischio colture storiche come quella del riso; le alte temperature che portano nuovi parassiti, insetti e infestanti mai visti in Europa e per i quali non ci sono competitori né in natura né nella chimica. E poi ancora: piogge repentine e violente che distruggono i raccolti e gelate inattese dopo inverni miti.
«Speravo di arrivare qui con la buona notizia di una settimana di piogge importanti, almeno 70 millilitri - ha detto l'ospite - ma i modelli di oggi hanno già di molto ridimensionato la portata della perturbazione. Quindi mi vedo costretto a spostare alla primavera la speranza di avere piogge che reintegrino un po' le scarse scorte idriche». Scorte per le quali non si è fatto niente: «Quanti micro invasi sono stati realizzati dallo scorso anno a oggi?», ha chiesto Mercalli.
Attualmente il vercellese è ben lontano dalla media di 800 millimetri annui di precipitazioni: meno della metà la pioggia caduta nell'inverno in corso dopo un anno arido come il 2022. Peggio ancora va nella Valgrande, che con i suoi 2500 millimetri annui rappresenta il maggior serbatoio per il lago Maggiore, a sua volta bacino idrico di un'ampia fetta di nord Italia. «Le prime conseguenze di un processo di cambiamento climatico che l'uomo non ha mai affrontato - ha fatto notare Mercalli - si sono viste la scorsa estate, sul Delta del Po, con la risalita delle acque salmastre per oltre 40 chilometri nell'entroterra. Questo vuol dire che intere aree a vocazione agricola, strappate al mare nel corso del tempo, stanno per essere perdute: dove andranno i vostri colleghi agricoltori del ravennate e del rodigino?».
Quando alle emissioni di Co2, che da metà'800 hanno fatto alzare la temperatura del pianeta di 1, 1 grado, Mercalli ha detto: «Ciascuno di noi italiani emette 7 tonnellate annue di Co2. Uno statunitense 12, un cinese 10. E se l'aumento di un grado della temperatura vi sembra poca cosa pensate a voi stesso: se la vostra temperatura corporea aumentasse di un grado, dovreste andarvene tutti a casa a curare la febbre».
Curare la «febbre» del pianeta, però è tutt'altro che semplice: per arrivare all'obiettivo zero emissioni, che risolverà solo metà del problema, ciascuno piò isolare le case, installare dove possibile il fotovoltaico, usare auto elettriche, ridurre viaggi in aereo, ridurre il consumo di carne bovina e fermare il consumo del suolo, soprattutto di quello di classe 1 come la Pianura Padana: «I nostri terreni devono essere utilizzati per produrre cibo», ha concluso il climatologo lasciando al pubblico importanti spunti di riflessione sui quali lavorare da subito.