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Arte e Cultura | 19 febbraio 2022, 23:00

Da quando sei morto ci sei più di prima, amico mio...

“L'ultima cosa che vorrei dirti” di Carla Perrone

Da quando sei morto ci sei più di prima, amico mio...

Da quando sei morto, è vero, ci sei più di prima, amico mio...

Ho fatto sogni brutti stanotte Pietro. Sogni di offese e perdite che ho subito nel passato. Cose che tu sai.

L’unica differenza tra me e te, è che io sono qui ancora. E tu no.

Frasi, queste, estrapolate dal libro di Carla Perrone, “L'ultima cosa che vorrei dirti”, Book Sprint Edizioni.
Un libro dolce e brutale al tempo stesso: brutale, perché l'autrice non scrive pensando a un pubblico di lettori: scrive pensando a Pietro, morto suicidia.
Si rivolge all'amico e, al contempo, a se stessa. Così facendo il ricordo diventa anche un'autoanalisi.

Ho fatto sogni brutti stanotte Pietro. Sogni di offese e perdite che ho subito nel passato. Cose che tu sai.

L’unica differenza tra me e te, è che io sono qui ancora. E tu no.

La scrittura, abbiamo detto, è dolce e brutale al tempo stesso. A un amico carissimo e defunto non ci si può rivolgere che in un modo: raccontando tutto. Senza sconti.

La lettera/narrazione si svolge nei luoghi dell'autrice e di Pietro. C'è anche la Parigi del 700, c'è Torino, Napoli, ma c'è soprattutto Venezia... la morte a Venezia.

Mi hai tradita. Offesa. Ero venuta fino a Venezia per te, Per noi. Dov’eri finito?

Ma non solo. C'è la storia della stiratrice Maria (una bellissima storia) ci sono le telefonate tra l'io narrante e la madre di Pietro, c'è Lucino, il cane della protagonista.

E c'è la vita ai tempi del lockdown che Carla Perrone racconta all'amico scomparso.

Ci sono dei caffè storici che sono smontati, caffè dove portavo mia figlia, quando ancora era piccola e mi tollerava, a gustare il gelato, gianduia e panna, il pomeriggio d’inverno, e conoscevo tutti i barman, e la proprietaria, quella di prima, bruna con gli occhi azzurri, che mi diceva “se la goda la sua bambina, pur con tutte le difficoltà del divorzio, sono tempi che volano via veloci”. E aveva ragione amico mio. Poi in quello stesso caffè ci andavo da sola, con un bicchiere di vino al bancone, dicendo due parole con Vito, il capobarman, storico, rispettoso.

Ecco quel caffè ha chiuso.

Anche nel lockdown ci sono il tempo che passa, la vita e la morte.

La scrittura racconta, certo, ma quando la scrittura si addentra nel mondo delle tenebre che ospitano l'amico di una vita che si è tolto la vita, va oltre. Diventa anche preghiera. E promessa.

Tu non sei morto, non moriremo mai, fratello mio.

rb

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