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Lettere | 08 luglio 2020, 09:17

La lettera: "Documenti a un senza fissa dimora solo se è nato a Vercelli?"

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La lettera: "Documenti a un senza fissa dimora solo se è nato a Vercelli?"

Gentile direttore,

le scrivo per sottoporre alla sua attenzione una situazione in cui mi sono imbattuto in data 30 giugno 2020 presso l’ufficio dell’anagrafe comunale di Vercelli.

Ero andato in detto ufficio in compagnia di un ragazzo africano richiedente asilo che avevo conosciuto qualche anno fa presso il Cas, ora chiuso, dell’Aravecchia. Nel 2016 questa persona aveva ottenuto il permesso di soggiorno biennale ed aveva iniziato un percorso di integrazione fatto di lavori a termine che sono continuati negli anni portandolo ad un rinnovo del permesso proprio perché titolare di contratto. Questo seguire il lavoro lo porta ad un certo punto a lasciare per qualche tempo Vercelli e poi a rientrare a Vercelli. Lui crede di essere a posto con la sua residenza vercellese non essendogli mai giunta nessuna notizia o notifica contraria  e, avendo perso la carta di identità, con la sua denuncia di smarrimento, si reca all’anagrafe per “rifarla”, ma scopre di non avere più residenza e quindi di non aver diritto al documento richiesto. Per questo, dopo un giro di telefonate tra amici, mi chiede di accompagnarlo all’ufficio anagrafico per chiarire la situazione e capire quali possibilità vi siano di avere detto documento.

Giustamente all’ufficio stamattina era consentito accedere agli sportelli solo un utente per volta e, munito di fotografie, denuncia di smarrimento e fotocopia della perduta carta di identità, sono andato io a colloquio e durante il colloquio ho appurato che solo quando avrà un regolare contratto di locazione o una dichiarazione di ospitalità presso qualche istituto di aiuto sociale potrà avere la possibilità di iniziare la pratica di richiesta di residenza al termine della quale potrà richiedere l’agognata carta di identità.

Nel corso del colloquio emergono però due affermazioni dell’addetto che mi lasciano perplesso perché non rispondenti al vero, almeno per quanto mi è dato sapere. L’addetto, che io percepisco leggere dal computer, afferma che la residenza è stata tolta nel 2017 a seguito di comunicazione da parte del Cas che lui era uscito dalla struttura. Mi pare che la residenza non si possa togliere per comunicazione da parte del Cas ma che solo dopo opportune pratiche che accertino l’irreperibilità sul territorio comunale di un soggetto e che durante l’espletamento di dette pratiche si debbano fare le necessarie ricerche in merito.

La seconda affermazione grave e non vera mi viene fatta quando, conscio della difficoltà che il soggetto mi aveva dichiarato di avere riguardo al contratto di locazione o alla dichiarazione di ospitalità, esploro la via della richiesta di residenza senza fissa dimora, via che è stata usata in accordo con un’associazione assistenziale cittadina per altri casi assimilabili sempre con risultati positivi. La risposta mi lascia basito perché, anche stando alla mia non eccezionale conoscenza delle norme che regolano la disciplina anagrafica italiana è apertamente fuori dalla realtà: “possono richiedere la residenza senza fissa dimora solo i nati a Vercelli”.

Fuori dall’Ufficio la fila delle persone che avevano bisogno di accedere era lunga e non mi sono voluto avventurare in una discussione che avrebbe potuto turbare il funzionamento dell’ufficio stesso.

Ma segnalo a lei, ai suoi lettori, e soprattutto attraverso al suo giornale agli amministratori cittadini la gravità di quanto sopra esposto. E’ vero che siamo in tempi di emergenza, ma non c’è emergenza che possa oscurare o mettere tra parentesi la verità. Anzi, a mio personale parere, solo la rigorosa via della verità potrebbe contribuire all’uscita efficace da ogni qualsivoglia emergenza.

Aggiungo una personale riflessione che mi viene da alcune fortunate circostanze che mi hanno portato alcuni anni fa a soggiornare in paesi sottosviluppati ospite di missionari cattolici vercellesi. Ho potuto constatare che uno dei fattori del sottosviluppo di quei paesi è proprio la grande inefficienza, discrezionalità e corruzione degli operatori dei loro sistemi anagrafici. Non se ne parla mai preferendo spesso parlare delle cause economiche, sacrosante e vere, del sottosviluppo. Ma l’efficienza e la correttezza di un sistema anagrafico è una delle premesse ad ogni eventuale programma di superamento del sottosviluppo. E vedere che nella mia città qualche pubblico ufficiale impiegato all’anagrafe fa affermazioni del genere che degradano la correttezza del servizio mi preoccupa …  perché dal sottosviluppo c’è l’uscita ma anche il ritorno purtroppo.

Gian Mario Ceridono

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