Sul palcoscenico le foglie, che richiamano ad Addio alle Armi, a Ungaretti: "foglie-donne" spazzate via dalla violenza dell’uomo sulla donna, soprattutto tra le mura domestiche, una violenza psicologica e fisica. Una violenza martellante.
Occorre la ribellione, la fuga, insomma “Il volo” che, appunto, è il titolo dello spettacolo - scritto e interpretato da Francesca Brizzolara della Compagnia Tecnologia Filosofica - che è stato proposto nella Officina degli Anacoleti in collaborazione con il Festival di Poesia Civile.
Superba, da grande attrice, l’interpretazione di Francesca Brizzolara che, per un’ora, con i sapienti giochi di luce di Agostino Nardella, ha proposto un monologo in otto quadri sulla violenza e, ancor più, sulla libertà, che è la grande ambizione.
L’alta drammaticità dello spettacolo è accentuata dall'assenza sul palcoscenico di una figura maschile: non c’è, non c'è la sua voce, ma c’è la sua violenza che vediamo nel volto e nelle parole e nel pianto della protagonista.
Nel finale, anche una sorpresa: la donna vittima di violenza si rivolge all’uomo aguzzino con compassione. Sono una vittima io, ma lo sei anche tu, gli dice.
Il messaggio comunque è duro, e “Il volo” è soprattutto un invito a denunciare, fuggire, tornare a respirare. Volare. Applausi interminabili e meritatissimi, del pubblico che ha gremito l’Officina.
(E Francesca, commossa, alla fine ha detto agli amici: “Ho avuto la sensazione che mio padre fosse qui”. Francesca è infatti figlia dell’indimenticato direttore del giornale La Sesia, Francesco Brizzolara).