Ci sono momenti in cui un politico preferirebbe non rilasciare interviste. Aspettare tempi migliori. Il sottosegretario Luigi Bobba, però, non si tira indietro.
Sottosegretario, non è un bel momento, questo: senza più Pisapia né Alfano, e senza, da tempo, esponenti del Pd che sono confluiti in Liberi e Uguali... Il PD renziano sembra proprio sul viale del tramonto.
Il PD è il PD. E certamente i leaders che lo hanno guidato - da Veltroni a Franceschini e a Bersani - hanno lasciato impronte evidenti. Ma sono convinto - anzi certo - che il destino del PD non sia intimamente legato solo al proprio leader. Di fatto è l’unico partito con regole, organi, modalità trasparenti di selezione dei dirigenti. E’ un “partito democratico”. Circa le alleanze… Rispetto le scelte di Alfano e Pisapia ma, - come ha detto Renzi - avremo sicuramente un alleato sull’area moderata e uno sull’area di sinistra. Ci sono forze, persone, movimenti orientati a dar vita a un’alleanza di centrosinistra che abbia come perno il PD. E poi l’obbiettivo principale è parlare agli elettori che esprimono quei sentimenti politici. E convincerli che la nostra proposta è l’unica che può dare un governo riformista e di cambiamento per il Paese.
Da mesi e da più parti si è detto che Renzi vorrebbe accordarsi con Forza Italia, ma sarebbe una follia. Significherebbe altre defezioni: il Ministro Orlando non credo ci starebbe, come non ci starebbero, qui a Vercelli, Bagnasco e Campisi e altri, penso al vostro elettorato dei Cappuccini.
La risposta è arrivata proprio ieri dallo stesso Renzi: mai un’alleanza con Berlusconi. Ci proponiamo di vincere le elezioni, non un accomodamento per il dopo. A tal fine sarebbe stato meglio ritornare al Mattarellum in modo da rendere più evidente l’effetto maggioritario della legge elettorale. Ora serve prima di tutto una proposta chiara e convincente, poi rivendicare il lavoro positivo fatto e soprattutto scegliere per i collegi uninominali candidati forti, radicati nel territorio e in grado di raccogliere un consenso più largo di quello del partito. Forse è sfuggito che, con la nuova legge elettorale, saranno i candidati dell’uninominale a “tirare” il consenso anche per la quota proporzionale. La partita si giocherà lì e non è detto che questo sistema sia così sfavorevole al PD come molti commentatori vogliono far credere. E d’altra parte le simulazioni, a partire dai dati delle elezioni del 2013 e dai sondaggi, non sono così affidabili. Siamo di fronte a un’offerta politica e ad un sistema di voto del tutto nuovi. Difficile prevedere in anticipo come si comporteranno gli elettori.
C'è una cosa che Renzi potrebbe fare e non farà per salvare il PD: farsi da parte.
E perché mai questo passo indietro dovrebbe produrre necessariamente la “salvezza del PD”? E non la sua implosione? Renzi è stato votato attraverso le primarie, è il leader riconosciuto del PD, anche se ha alle sue spalle la bruciante sconfitta referendaria. No, non credo affatto nell’effetto benefico di un suo ritiro. Semmai - come peraltro ha cominciato a fare (e in modo evidente con il treno Destinazione Italia), serve mettersi in un atteggiamento di ascolto dei territori, delle comunità e delle persone. Dar voce ai tanti che si sentono abbandonati, traditi dalla politica. Costruire una proposta alternativa a quella orientata ad alimentare quotidianamente “le comunità del rancore”. Rabbia, solitudine, disorientamento attraversano molti ceti sociali, molti territori: bisogna offrire risposte concrete e di prospettiva; come abbiamo cominciato a fare con l’avvio del Reddito di inclusione, con la legge sul Dopo di noi, con la riforma del Terzo settore, con la legge dei Piccoli comuni e con il fondo per la Lotta alla povertà educativa minorile. E ora intendiamo spingere l’acceleratore sulle assunzioni per i giovani, sul piano “Impresa 4.0”, sullo sviluppo del welfare di comunità, sulla crescita del servizio civile universale. La nostra proposta vuole essere popolare ma non populista, europeista senza essere subordinata alle burocrazie europee, orientata a promuovere il lavoro favorendo gli investimenti e mettendo in campo politiche attive del lavoro in grado di accompagnare le persone nelle molte transizioni che dovranno affrontare. E, infine, orientata ad integrare i nuovi cittadini senza rinunciare alla sicurezza delle nostre città, delle nostre comunità. Tutto questo ha bisogno di leadership, ma anche di un grande lavoro di squadra, di dirigenti, militanti e volontari che sappiano far vivere l’ascolto e la proposta nella vita quotidiana delle persone.
E adesso, guardando al futuro, ci sono due grandi appuntamenti: le Politiche e poi nel maggio 2019 il voto per l'elezione del nuovo sindaco della città. Senza alleanze si perdono seggi in parlamento, e qui c'è di mezzo il suo futuro politico, e c'è il rischio di perdere il governo della città.
Il proprio futuro politico non può essere anteposto a ciò che è più urgente e importante per la forza politica a cui si appartiene. Se il PD vorrà candidarmi, sarò pronto ad una sfida che so difficile ma non impossibile. Sarà anche un modo per verificare se il lavoro fatto è stato capito e condiviso. Vorrei ricordare che nel 2011 mi sono candidato alla Provincia. Si partiva da 70 a 30 a favore del centrodestra. E’ finita a 50,9 e 49,1. Solo di calcoli personali la politica muore e gli elettori scelgono la modalità “exit”: non vanno a votare. C’è bisogno di concretezza ma anche di visione. Su Vercelli, Maura Forte ha ereditato una città immobile e un bilancio in condizioni problematiche. Ora il bilancio è risanato e la città è ripartita: più lavoro, più iniziative culturali, più investimenti. Insomma una città più vivibile e con più opportunità. Gli elettori sapranno giudicare il lavoro fatto dal PD e dal suo sindaco Maura Forte.