Fra gli artisti più interessanti, che sono emersi negli ultimissimi anni, un posto speciale occupa senza dubbio Cristiana Folin Massarini, 46 anni giovanilmente portati, ma con la consapevolezza di un percorso interiore in continuo evolversi, come dimostra la nuova mostra(da giovedì 11 maggio) all'interno degli eventi creati per la Rassegna Segnale Libero, il format artistico di riconversione delle cabine telefoniche (ideato da Caterina del Nero).
Trattandosi della seconda volta che espone per loro all'interno dell'Area Ex 18, stavolta in compagnia della designer Laura Fiume e della pittrice Emanuela Scotti, Cristiana inventa un’opera dal titolo “L’amore, la fine dell’assedio // La distopia del matrimonio” in cui, attraverso una serie di immagini fotografiche da lei realizzate, con uno stile un po’ dark e un po’ surreale riflette sull’odierna condizione femminile. L’autrice - che oggi si definisce come una persona in evoluzione o meglio in fase di cambiamento, dovendo ricreare completamente se stessa da quarantaseienne - parte quindi dalla fotografia, nel primo ricordo familiare del proprio ‘fare ‘artistico’, quando sul lungomare di Rapallo diceva ai nonni che fotografavano i nipotini "Fotografami me".
Con il passare degli anni, però, sono diversi i motivi che hanno spinto Cristiana a diventare una vera fotografa, a cominciare dalla necessità di esprimere delle emozioni e di sopprimerne altre. All’inizio c’è la scrittura, la letteratura, che però non le basta sentendosi talvolta incompresa. Con la fotografia è per lei diventa tutto più facile ed interessante, giacché, come sostiene, dal punto di vista estetico, ognuno può vedere in un’immagine ciò che vuole, mentre sul piano umano l’uso dell’obiettivo le serve per crescere, soprattutto come persona. Del resto Cristiana, con la propria fotografia, non aspira ad avvicinarsi alle arti figurative tradizionali, come la pittura, benché si riconosca in molti scatti un tratto espressionista; ma di fatto per lei la foto è un mezzo per esternare ciò che da persona socialmente inserita non riesce a esprimere con altri linguaggi comunicativi. A ogni buon conto non si considera una fotografa nel senso tecnico del termine e in realtà a lei non interessa nemmeno avere un particolare anelito alla perfezione tecnica: a Cristiana preme soprattutto esprimere dei concetti, vedendo i propri lavori sicuramente quale arte (anche se la parola le sembra un po' forte) e non quale cronaca o giornalismo (ma il lavoro di reporter, fatto poche volte, le piace, le riesce bene e le dà tanta soddisfazione).
Per Cristiana dunque la fotografia resta un mezzo per dire, un medium per esprimersi, ma a tratti risulta persino una nevrosi, anni in cui si nascondeva letteralmente dietro l'obiettivo, incapace di intavolare qualsiasi altro rapporto con l'esterno, mentre ora l'approccio è meno ansioso e più costruttivo. Più che idee, concetti o sentimenti da associare al momento di scattare una foto, Cristiana vede immagini che vive al momento. Difficilmente costruisce uno scatto a tavolino; e quando lo fa si innervosisce moltissimo, soprattutto lavorando con altre persone. Cristiana quindi non avvalendosi di modelle professioniste, capisce di non poter far subire a queste ragazze il controllo e l'ansia da prestazione dell'autrice. Quando scatta però Cristiana entra in un'altra dimensione, dissociandosi spesso dalla realtà: ad esempio se fotografa eventi sportivi l'adrenalina sale e non vorrebbe mai smettere: il tutto dipende dai contesti in cui si trova a 'cercare' immagini.
Tecnicamente parlando usa ancora una Reflex 'vecchio stile', ovvero una Nikon a mezzo formato, perché ama l'ingombro della macchina, con il relativo peso fisico, che fa da presenza importante nello zaino da lavoro; e per contro, da buona vintage, Cristiana detesta le nuove mirrorless. Sul piano delle location, non sono tanto i luoghi quanto piuttosto i cieli a interessarla: i cieli al tramonto o al mattino prestissimo. Ultimamente predilige altresì i paesaggi di campagna: dopo aver svolto alcuni lavori per un Ente locale sta infatti riscopendo la bellezza del territorio vercellese. A livello di soggetti preferiti o ricorrenti, Cristiana, di recente, come nella mostra in corso, fotografa solo donne; ma si tratta di un caso, perché in realtà fotograferebbe anche altro, ma le donne sono subito disponibili, mentre a 'immortalare' gli uomini ci vuole maggior pazienza e quindi sono difficili da trovare: forse però si tratta solo di una questione di vanità. Per quanto riguarda il discorso sulle influenze, Cristiana di recente evita di guardare immagini altrui per paura di imitare, consapevole, in ogni caso, che tutto sia già stato fatto, scattato, detto, scritto. Per forza di cosa si tende a ripetere. C'è comunque una fotografa che le piace: Alexia Sinclair, per le atmosfere che crea, la cura che ha nella postproduzione e nella grafica; e se si vedesse un giorno "fotografa" vorrebbe vedersi come lei o come la grandissima Anne Leibowitz. Nonostante la ritrosia a far nomi, cita Settimio Benedusi, Terry Richardson, Giovanni Gastel tra i fotografi preferiti.
Per chi voglia conoscere l'arte fotografica di Cristiana Folin Massarini “L’amore, la fine dell’assedio // La distopia del matrimonio” è al momento l'occasione più ghiotta, mentre sono in molti, dentro e fuori Vercelli, ad attendere che l’interessante iniziativa dei personaggi da lei fotografi sotto la doccia o nella vasca da bagno prenda corpo in un libro o in una personale.