Arte e Cultura - 04 dicembre 2015, 20:23

Mi è testimone la terra: il nuovo libro di Francesca Tini Brunozzi

INTERVISTA IN ESCLUSIVA CON LA POETESSA VERCELLESE

È in questi giorni nelle librerie di tutt’Italia Mi è testimone la terra (Barbera Editore, Siena), il secondo nuovo libro della poetessa Francesca Tini Brunozzi che presenterà il volume, leggendone alcune parti significate, domenica 13 domenica al Bar d’Italia pert la nuova rassegna Poeti d’Italia. Francesca parla di questo ultima fatica letteraria in esclusiva con quest’intervista.


Francesca, ci parla brevemente del suo nuovo libro 'Mi è testimone la terra'?

- Si tratta di un poema organizzato in tre canti: un primo canto in cui riprendo il tema della morte di mio padre, già tratteggiato nel precedente poemetto "Padre mio che sei in cielo" pubblicato nel mio libro d’esordio, “Frau” nel 2007, poi un secondo canto breve, a mo' di intermezzo surreale e ironico, di sogni che ho fatto su figli mai avuti, il terzo e ultimo canto è una “galleria” di familiari che non ci sono più, persone morte in età avanzata oppure prematuramente anche in condizioni drammatiche.


Che rapporto esiste fra questo nuovo testo e il suo primo 'Frau' del 2007?

- Un rapporto di dipendenza, di filiazione direi proprio, per quanto ho detto prima. Questo libro riprende un tema per me importante, la fine di mio padre e la mia vita dopo questo evento. Il primo canto di "Mi è testimone la terra" parte con versi che erano già stati pubblicati da Maurizio Cucchi nella rubrica di poesia da lui diretta nel magazine Lo specchio de «La Stampa». Sono versi che risalgono al 2003 a un anno dalla morte di mio padre. Da lì riprendo nel 2010 a scrivere secondo una forma chiusa che mantiene lo schema precedente dei sette versi. In queste nuove stanze il verso si espande acquistando una forma fissa di doppio settenario, forma chiusa che mantengo fino alla fine del poema.


Come mai è trascorso così tanto tempo fra un libro e l'altro?

- In realtà nel 2009 è uscita per ‘Torino Poesia’ una ristampa di “Frau” dal titolo “Frau e le altre” dove ho pubblicato nuove liriche in aggiunta a quelle già pubblicate in precedenza. È comunque passato molto tempo, il tempo che mi è servito a elaborare questo nuovo poema. Il tempo tecnico della scrittura non coincide con il tempo più lungo della meditazione. Quindi sono occorsi alcuni anni.


Ora, così, a bruciapelo chi è Francesca Tini Brunozzi al di là della poetessa?

- Una donna ancora giovane per certi versi, con la tendenza a confrontarsi con il resto del mondo e la paura che ne deriva. Una donna che ama sperimentare in prima persona, convinta della possibilità di fare grandi rivoluzioni a partire da se stessi.


Ci racconta ora il suo primo ricordo o la sua prima illuminazione verso la letteratura?

- Il primo ricordo è quello di mio padre che mi leggeva le poesie di Trilussa al posto delle fiabe prima di dormire. La prima illuminazione risale alle scuole elementari quando cercavo di uguagliare in bravura, a scuola, nei temi, mia sorella Anna, cinque anni più grande di me. Ricordo di aver scritto in forma di prosa un suo verso di una poesia sull'inverno.


Quali sono i motivi che l'hanno spinta a scrivere?

- La necessità di collocare in un luogo protetto questioni per me importanti, delicate, pericolose.


E in particolare perché proprio la poesia?

- Per il motivo che ho appena spiegato, la poesia mi permette da un lato di “crittografare” contenuti potenzialmente scomodi, dall'altra dall'altro lato la poesia mi permette, durante il procedimento di scrittura, di comprendere meglio e definitivamente contenuti oscuri, di fare luce sulla mia stessa vita.


Ma cos’è per lei la scrittura?

- La scrittura a tutti livelli, è per me elaborazione, trasformazione, comunicazione del pensiero. Come procedimento, la scrittura è un atto creativo che fa esistere le cose, reali o irreali.


Esistono idee, concetti o sentimenti che associa al momento di scrivere?

- Per tutti tipi di scrittura, associo al momento dello scrivere l'idea di necessità. Allo scrivere poesia associo in più la nozione di chiarezza, di comprensione, poiché dopo l’imbarazzo, la sofferenza, la frustrazione, giungo alla gioia, al sollievo, alla realizzazione.


Come scrive: quaderno, bloc-notes, computer, tablet o altro?

- Da qualche tempo scrivo quasi esclusivamente al computer o al tablet. Ho abbandonato da un po’ la carta e la penna anche se per me resta fondamentale il lavoro di riscrittura, come procedimento costante e necessario nella definizione della forma poetica.


Ha luoghi o momenti della giornata che privilegia per scrivere?

- sì i momenti in cui posso farlo, i momenti di tranquillità in silenzio. Non importa a che ora del giorno della notte.


C'è nel libro una poesia a cui si sente particolarmente affezionata?

- sì, due poesie dedicate a due persone che in realtà non fanno parte della mia famiglia, due poesie collocate alla fine del libro, inserite appositamente come omaggio a due persone che con la loro scomparsa hanno lasciato un segno nella mia vita, Stefano e Vittorio.


E c’è per lei un libro-culto tra quelli che ha letto?

- Qui non potrei far altro che citare “Requiem” di Patrizia Valduga. Come avuto modo di confessare anche alla stessa autrice qualche anno fa, “Requiem” è il libro che mi ha permesso di fare le "prove generali".


Almeno tre titoli di libri che porterebbe sull'isola deserta?

- Il Cantico dei Cantici, il Decameron del Boccaccio, il Corso di Linguistica Generale di Fernand de Saussure…


Quali sono stati i suoi maestri nella letteratura?

- Molti di quelli che ho potuto incontrare dal vero nella mia vita, con cui ho realizzato uno scambio umano ancor prima che letterario: Maurizio Cucchi, Antonello Satta Centanin, Luca Ragagnin, Giuseppe Caliceti, Anna Lamberti Bocconi, Francesca Genti, Nanni Balestrini, Tommaso Ottonieri, Giuliano Scabia.


E più in generale maestri nella cultura, nella vita?

- Molte delle persone che frequento quotidianamente tra familiari, colleghi, amici, senza distinzioni di gerarchia e rango.


Come vede la situazione della letteratura in Italia?

- Spaventosamente affollata e forse anche per questo disagevole.


E più in generale della cultura oggi nel nostro Paese?

- Mi sembra di constatare una certa resistenza all'evoluzione, al cambiamento. Noto ancora il persistere di una mentalità vecchia di chi pensa che la cultura debba essere spettacolarità. Rilevo sovente, soprattutto in chi amministra la cultura, persone in ritardo di trent'anni, forse rimaste nel mito della “Milano da bere”, persone che non sono state in grado di produrre una nuova idea di cultura adatta ai tempi e alle risorse umane ed economiche.


Cosa sta progettando per l’immediato futuro?

- Di rimettermi a lavorare non appena discussa la tesi di dottorato in linguistica, nel primo trimestre del 2016, di tornare a fare una vita più semplice ordinata, senza grandi pretese di realizzazione personale attraverso il lavoro. Nell'ambito della scrittura invece ho già in mente più di un progetto per dei poemi su temi specifici del quotidiano.



redaz