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Sport | 13 gennaio 2020, 18:06

Amleto Francazio: l'hockey nel sangue

Intervista al capitano di Engas Hockey Vercelli

Amleto Francazio, nelle belle foto di Chiara Jett Tugnolo realizzate durante l'intervista

Amleto Francazio, nelle belle foto di Chiara Jett Tugnolo realizzate durante l'intervista

Amleto Francazio, capitano di Engas Hockey Vercelli, si racconta a InfoVercelli 24: gli inizi, l’amore assoluto per l’hockey, la dedizione e la voglia di continuare a vincere. 

Come hai incontrato l’hockey nella tua vita?

Per caso, alle elementari, avevo 9 anni, ho visto l'Amatori allenarsi al Circolino dell’Isola. Ho voluto provare a mettere i pattini, è stata da subito un’illuminazione: mi è entrato nel sangue. In sei anni, quando ne avevo 15 , ero già nella rosa di Serie A, quella dell’ultimo scudetto dell’Amatori, ho bruciato le tappe. Ognuno nasce con un dono di natura, per me è l’hockey.

Se pensi alla tua lunga carriera, qual è il primo flash che ti viene in mente?

Il primo scudetto giovanile, quello juniores, vinto qui a Vercelli. Non fu un’impresa facile: all’epoca c’erano tantissimi bravi giocatori in giro. Fui determinante, nelle finali segnai: a livello personale è stata la cosa più bella. 

Per te, a 49 anni, cosa vuol dire prendere parte ad un progetto che ha obiettivi così tanto ambiziosi?

Innanzitutto, ringrazio la società per avere avuto fiducia in me. Non prendo molto in considerazione la mia età: mi alleno per guadagnarmi il posto, come sempre ho fatto, poi è il mister a decidere chi merita. E’ bello anche lottare con gli altri per il posto: è dove c’è competizione che si vede il giocatore. Io stesso a 20 anni dovevo dimostrare di poter giocare e, quando mi davano un minuto in pista, per me era come una partita intera. Oltre agli allenamenti con la squadra, vado a correre ogni giorno. 

Come ti poni con i tuoi compagni più giovani? Dai loro qualche consiglio?

Per guadagnarsi il posto in squadra, dico loro di non partire mai sconfitti: possono arrivare anche tanti giocatori, ma se si dimostra di dare il massimo in allenamento, sarà visto. Insomma: fai sempre il tuo e, se ti presenta l’occasione, coglila. E’ la base della vita. Quando l’obiettivo è arrivare a giocare, in pista non esiste l’amicizia, si cerca di fare meglio dell’altro. Poi fuori da questa dinamica, chiaramente è un’altra cosa.

Cosa vuol dire essere capitano per te?

E’ una soddisfazione bellissima, la dimostrazione della fiducia dei compagni, affinché tu dia un esempio sia in allenamento che in partita. Crescendo con campioni come Martinazzo, Girardelli, non avrei detto che un giorno sarei stato capitano dell’Amatori, tantomeno il suo giocatore con più reti di sempre,oltre 700. E’ una cosa stupenda farlo ancora adesso, a 49 anni, con compagni che hanno vinto tanto e poi nella mia città, per di più essendo originario del rione Isola che ha un’enorme tradizione hockeistica. 

 

La tua esultanza va sempre a cercare e coinvolgere il pubblico. Cosa vuoi  dire con quel gesto e cosa provi?

L’ho sempre fatto: il pubblico è partecipe delle nostre emozioni. Ciò che mi fa più piacere quest’anno è vedere al palazzetto tanti bambini che aspettano di “dare il 5” ai giocatori. Nello sport si vince e si perde, ma per me quel giro fra il pubblico è la cosa che vale più di tutto. La società ha programmato ogni aspetto, lavora bene, poi è tutta una catena, la grande affluenza di pubblico viene di conseguenza.

Secondo te, qual è la forza della squadra in grado di fare la differenza? 

Siamo una squadra non ancora sazia, nonostante tanti giocatori abbiano ottenuto grandi risultati ad alti livelli. Lo si vede dall’impegno negli allenamenti, nelle esultanze: noi vogliamo vincere la Coppa Italia di serie B e andare in A2 e dopo continuare a farlo. Siamo affamati. 

Se dovessi descrivere l’hockey in una sola parola, quale sceglieresti?

Meraviglioso, perché è la mia vita. Questo sport mi ha dato tutto, successi e delusioni, ma senza l’hockey non so cosa sarei stato. Mi godo profondamente ogni allenamento e partita, non lo cambierei con niente.

Provi una gioia diversa fra il segnare o il riuscire a farlo fare ad un tuo compagno?

Segnare è bellissimo, ma scartare tutti e poi appoggiare a un compagno che aspetta il tuo tocco è stupendo: preferisco far segnare. 

Ti ispiri a qualche giocatore del passato? 

Penso di aver preso un po’ da tutti: allenandomi con l’Amatori dei grandissimi campioni, ho imparato sia ad attaccare che difendere, non ho quindi un giocatore di riferimento in particolare.

Come ti trovi con mister De Rinaldis, avevi già lavorato con lui?

No, l’ho conosciuto quest’anno. Mi piace perché non guarda il nome o la carriera: se meriti, giochi, se ti alleni male, stai fuori. E’ giusto sia così.

Cosa ti spinge a continuare?

L’entusiasmo intatto di quando ero ragazzino nell’andare in pista e lottare per il posto e per un obiettivo. Ho sempre voluto giocare ad hockey perchè mi diverte, mi piace, è la prima cosa. 

C’è qualcosa che cambieresti del tuo sport?

lo farei tornare più “cattivo” come una volta in cui erano fischiati meno falli: era più combattivo, mi piace l’hockey dove c’è più contrasto. 

Cosa ne pensi dei due nuovi arrivati, Oscar Ferrari e Ariel Romero?

Conosco già Ferrari, perché abbiamo disputato insieme una stagione a Novara: ottimo giocatore, molto tecnico, giovane, ci darà una grande mano. Romero, invece, l’ho incontrato da avversario a metà anni 2000: è bravissimo, anche lui tecnicamente molto forte. Entrambi ci aiuteranno in questa avventura; più siamo, più ci sono possibilità di vittoria: benvenuti.

Ad inizio stagione ti aspettavi di raggiungere la finale di Coppa Italia?

Sono felicissimo di essere in finale, me lo auguravo, ma non avevo dubbi perché la squadra è forte. Andremo a Lodi, per una finale secca contro la Rotellistica Camaiore, ce la giocheremo e che vinca il migliore. 

Chi temi di più in campionato? 

Temo tutti, perché ora ci conoscono e contro di noi giocheranno in maniera differente: per questo il campionato sarà più difficile rispetto alla Coppa Italia. 

Da isolano cosa ti dà giocare al Palapregnolato e cosa diresti alla gente affinché venga a vedervi?

Sono orgoglioso di essere isolano e poter giocare qui, dico alle persone di venire a sostenerci perché meritano la serie A1 e solo con loro possiamo arrivarci.

Elisa Rubertelli

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