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Politica | 17 novembre 2019, 13:33

Parlano, ma non sanno quel che dicono

Utilizzo improprio di termini dei nostri politici: alcuni esempi

Parlano, ma non sanno quel che dicono

Comunicazione e conoscenza, parole e princìpi.

Negli ultimi periodi stiamo assistendo a un fiume improprio di utilizzo delle parole da soggetti che rivestono cariche di alta responsabilità politica e istituzionale.

Il fenomeno da considerare oggi è che la comunicazione influenza il comportamento e se la comunicazione è già imprecisa alla fonte, diventa poi difficile riportarla alla sua originaria definizione.

Alcuni esponenti di cariche istituzionali commettono errori linguistici che sono il frutto di grave carenza di preparazione e di pressapochismi e utilizzano, a sproposito, parole che non c’entrano nulla con la situazione di cui parlano. Per non parlare del tecnico campo giuridico: utilizzano concetti giuridici chiaramente sbagliati col solo fine di produrre effetti psicologici. Devastanti.

Un conto sono le parole, un altro i princìpi costituzionali e giuridici.

 

A proposito di parole l’estate scorsa, quando era ancora ministro dell’Interno il senatore Matteo Salvini, ha fatto scalpore la sua affermazione «pieni poteri». L’affermazione «pieni poteri» di primo acchito potrebbe suscitare angoscia per il ricordo della ventennale dittatura. Ma se ci soffermassimo a ragionare, capiremmo che oggi la nostra Repubblica è protetta dalla Costituzione, che i costituzionalisti hanno soprannominato “rigida”. Cosa vuol dire? Che nessuno può abusare del proprio limitato potere. E se questo dovesse verificarsi, la stessa Costituzione indica un altro potere per impedirlo. In realtà, quindi, l’affermazione spiega che il politico avrebbe esercitato le sue funzioni e i suoi poteri pienamente, in completezza e con determinazione all’interno dei limiti già stabiliti dalla legge.

 

A proposito di princìpi, il ministro degli affari Esteri in carica, il deputato Luigi Di Maio, invece, ha più volte rimarcato la volontà di modificare l’art. 67 della Costituzione, imponendo il vincolo di mandato ai membri del Parlamento. Per non ricordare poi l’increscioso episodio successivo al no del nome di Paolo Savona a ministro dell’Economia da parte del Presidente della Repubblica al nascente primo Governo Conte. Così Luigi Di Maio: “La scelta del Presidente della Repubblica è incomprensibile e inaccettabile. Dobbiamo discutere la messa in stato di accusa al Presidente”. Sul punto la nostra Costituzione è chiara: l’entrante Presidente del Consiglio propone i ministri, ma li nomina il Presidente della Repubblica a cui, appunto, spetta l’ultima parola.

 

Un altro principio è quello relativo al vincolo di mandato dei parlamentari. Il deputato Di Maio, capo politico del Movimento 5 Stelle, per contratto individuale (di dubbia costituzionalità) impone ai deputati e senatori una penale da corrispondere in caso di cambio di appartenenza politica in corso di legislatura e vorrebbe costituzionalizzare questo suo desiderio. Per modificare questo principio la procedura è ben più rigorosa. I costituzionalisti, tra cui un fine giurista, Mortati, avevano a lungo dibattuto sulla questione ed erano arrivati alla conclusione che i deputati e i senatori, seppur espressione di interessi particolari del partito di appartenenza (si presentano infatti alle elezioni sostenendo un programma, un orientamento politico particolare), rappresentano la Nazione nel suo insieme e devono essere liberi di esercitare la funzione durante il mandato elettivo. Saranno poi gli elettori, con le nuove elezioni, a valutare l’attività svolta dal singolo deputato o senatore.

 

I nostri Costituenti forse non immaginavano che i rappresentanti delle istituzioni potessero essere così impreparati e non avevano ipotizzato di inserire già in Costituzione un limite all’accesso di questo importante esercizio. E quindi, a proposito di parole, propongo la modifica dell’art. 51 della Costituzione, con l’aggiunta di un comma più o meno di questo tenore: si può gestire la “cosa pubblica” soltanto dopo avere dato prova di effettiva conoscenza degli elementari princìpi civici e costituzionali.

Pierluigi Lamolea

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