Arte e Cultura - 12 novembre 2019, 20:00

Una tesi di laurea e nuovi studi sugli affreschi di Palazzo Tizzoni

Giornata di approfondimento dedicata alle opere di Giuglielmo e Orsola Caccia

Una tesi di laurea e nuovi studi sugli affreschi di Palazzo Tizzoni

Sabato 26 ottobre a Moncalvo, nella chiesa parrocchiale di San Francesco, si è tenuta la IV edizione della “Giornata dedicata a Guglielmo e Orsola Caccia”, organizzata dall’Associazione Culturale “Guglielmo Caccia” detto il Moncalvo e Orsola Caccia ONLUS, guidata dall’architetto casalese Marco Tiberga. A fare gli onori di casa il parroco don Giorgio Bertola e l’ex presidente Andrea Monti, che ha ricordato la nascita dell’Associazione con lo scopo di valorizzare le bellezze dell’arte sacra della città.

Il pomeriggio, coordinato dal giornalista Mauro Anselmo, è stato articolato in tre momenti: la consegna delle borse di studio a Martina Marcazzan e Lucrezia Rampini, per le rispettive tesi riguardanti Guglielmo e Orsola Caccia: “Percorsi d’arte monferrina. Sulle tracce di Guglielmo e Orsola Maddalena Caccia”, discussa all’Università La Sapienza di Roma e “Il Moncalvo e la decorazione di Palazzo Tizzoni a Vercelli”, discussa all’Ateneo di Padova. A Fulvio Scaglione, nativo di Moncalvo, giornalista e scrittore, reporter, inviato speciale, già vice direttore del settimanale Famiglia Cristiana, autore di saggi importanti, tra i quali il più recente è: “Siria. I cristiani nella terra”, è stato consegnato il Premio Guglielmo e Orsola Caccia. Al termine del pomeriggio di studio Marco Franzone, storico dell’arte, studioso di pittura antica, ha presentato quattro quadri inediti di Orsola Caccia, appartenenti a collezioni private: Gesù Bambino vegliato dalla Vergine e angeli, Santa Cristina, Maddalena penitente, Maddalena, eccezionalmente esposti all’interno della chiesa di San Francesco in un raffinato allestimento temporaneo.

Il pittore monferrino, il più importante esponente della pittura piemontese della Controriforma, solitamente viene ricordato per le sue opere di carattere sacro, mentre ebbe anche una produzione profana che interessò anche Vercelli. Terminata l’esperienza torinese dei cantieri in cui realizzò opere a tema profano: il casino del Viboccone di Torino, voluto da Carlo Emanuele I come luogo di svago e loisir per il duca e la sua corte, distrutto durante la seconda guerra mondiale  e il cantiere della Grande Galleria voluta sempre da Carlo Emanuele I a Torino, che vide il Caccia occupato dal 1606 al 1608, poi il Moncalvo si spostò a Vercelli, dove la famiglia Mariani gli commissionò la decorazione della volta al piano terra all’interno di palazzo Tizzoni. Questo affresco risulta l’unica opera di tema profano realizzata dal Moncalvo che ha resistito al passare dei secoli, è stato studiato da Lucrezia Rampini: “La volta è il risultato della mediazione tra le innovazioni apprese a Torino e la tradizione a cui Guglielmo Caccia era ancora legato: quella di Gaudenzio Ferrari e del Lanino, quindi negli affreschi ritroviamo la cultura tardo manieristica centro italiana stemperata mediante il linguaggio semplice, dolce, devoto e raffinato tipico del Moncalvo. L’analisi stilistica sembra l’unico elemento che collega la volta di palazzo Tizzoni al nome del Moncalvo. Analizzando i disegni dell’artista ho scoperto un’ulteriore prova: un disegno preparatorio per la parte centrale della volta. Questo disegno è conservato presso l’Università di Oporto, giunto fino in Portogallo grazie ad un collezionista ancora anonimo”.

L’altra scoperta della giovane studiosa è emersa dall’indagine sui lavori di restauro: “Analizzando i mandati di pagamento e le parcelle conservate presso l’archivio dell’Istituto di Belle Arti di Vercelli sono riuscita a ricostruire tutti gli interventi di restauro risalenti all’Ottocento. La volta in quegli anni venne restaurata dall’Abate Luigi Malvezzi. La provincia di Vercelli finanziò ulteriori restauri tra il 1967 e il 1969. Di questi restauri non si sapeva quasi nulla, a parte il nome del restauratore: Guido Fiume. Grazie alla nipote di Fiume che mi ha permesso di recuperare e studiare l’archivio dello zio, ho scoperto alcune foto che attestano le fasi di restauro della volta. Da queste foto emerge come Guido Fiume, un restauratore molto attento alle preesistenze, procedette con il consolidamento delle pitture, con il reintegro delle lacune e con lo strappo di due zone che risultavano più danneggiate rispetto alle altre: il riquadro con Diana ed Euterpe e la lunetta nei pressi della torre popolata dai putti che reggo lo stemma oggi illeggibile. Questo ritrovamento è un tassello importante per la ricostruzione della storia degli affreschi, che purtroppo oggi rimangono inaccessibili e spesso sconosciuti”.

Palazzo Tizzoni è stato ammirato, poche settimane fa, da centinaia di vercellesi che hanno sfruttato un'occasione più unica che rara per ammirare questo capolavoro. Ma qualche anno addietro, in occasione di un'altra apertura, la storica dell’arte Alessandra Ruffino aveva fatto un breve intervento su quegli affreschi, tanto belli quanto poco noti, che sono il solo documento - quindi preziosissimo - della pittura a soggetto profano e aulico di un pittore noto come "poeta della Controriforma". Chi pensava a Guglielmo Caccia come un pittore la cui cifra distintiva fosse la ripetitività e monotonia dei soggetti religiosi e devozionali, si era stupito osservando il bel salone vercellese, il cui soggetto (l'Olimpo e le Muse) è un soggetto dotto, trattato seguendo una iconografia molto raffinata (abbinando ciascuna musa a un singolo dio) e colta. Alessandra Ruffino aveva suggerito un’interpretazione molto sottile e affascinante: “Nell'era della “informazione” abbiamo perso la sensibilità per i simboli ambigui e da decifrare con prudenza e pazienza, ma nell'epoca dei simboli, che dura fino alla seconda metà del Seicento, un soggetto come quello delle Muse (che, diceva Lomazzo, "sono collegate come in vincolo"), è metafora della “formazione”, della enciclopedia e, soprattutto, di un sapere che non va mai disgiunto dalla poesia e dalla creatività”. Lucrezia Rampini invita a: “Osservare come Guglielmo Caccia, pittore ligio alle regole della Contro Riforma, si comporti con i modelli della mitologia greca, e in particolare l’Olimpo e il concerto delle Muse, due tematiche diffuse tra Cinquecento e Seicento negli ambiti nobiliari: rappresenta questi soggetti con abilità e disinvoltura, mediando tra sacro e profano, attraverso le conoscenze acquisite dal contatto con artisti di formazione diversa, con i quali si trovò a lavorare, mantenendo lo stile classico legato all’arte sacra, evitando l’eccesso di manierismo tipico di quel periodo artistico”.

L’interno di Palazzo Tizzoni, attualmente ancora chiuso al pubblico - poiché ancora sono in corso i lavori di ripristino e restauro - era stato visitato anche in occasione dell’Assemblea annuale della Società Storica Vercellese, nel 2018.

Un discorso a parte è stato riservato alla figura e all’opera di Orsola Maddalena Caccia, che, aveva iniziato a dipingere nel 1620, lavorando per dieci anni accanto al padre, poi, come le sorelle, aveva compiuto la scelta della vita monastica nel convento di Bianzè. A seguito della richiesta fatta dal padre che la voleva vicina per collaborare ancora dal punto di vista artistico, si trasferì con le sorelle nella casa-convento di Moncalvo. Alla morte del padre, appena sei mesi dopo, Orsola ne completa l’opera e si rivela pittrice originale: alcune sue tele conservate a Moncalvo nella chiesa di San Francesco sono molto interessanti sul piano iconografico ed umano, come l’originale San Luca che scolpisce la Vergine, ricco di simboli e di riferimenti intriganti, dai libri al dibattito sul primato tra pittura e scultura, o la natività di San Giovanni Battista, erudita e devota interpretazione del testo evangelico. E’ nota la capacità di questa artista di intrecciare i significati biblici con un punto di vista squisitamente femminile: i fiori sono il suo simbolo, ma è soprattutto affascinante il modo in cui questa donna visse la sua consacrazione in un Ordine nuovo all’epoca e la sua carriera di pittrice.

La tesi di Martina Marcazzan unisce i due pittori protagonisti del periodo artistico della Controriforma in Piemonte: Guglielmo Caccia, detto "il Moncalvo", e sua figlia, suor Orsola Maddalena, evidenziando le peculiarità: “Il primo fortemente influenzato dagli insegnamenti di Gabriele Paleotti, figura chiave della Controriforma, e dal clima politico diffuso nel nord Italia sotto la guida del cardinale Carlo Borromeo; la seconda caratterizzata da un'eleganza ed una raffinatezza assolutamente singolari per una monaca di clausura”.

Nella trattazione di Orsola Caccia, nota già all'epoca e autrice di importanti opere commissionate da personaggi illustri, in particolare da Maria Cristina, sorella di Luigi XIII re di Francia, la giovane studiosa ha posto l'attenzione sul suo stile più raffinato rispetto a quello del padre: “Le sue eleganti nature morte racchiudono uno specifico significato, diventano portatrici di metafore sacre con precisi e percepibili segni simbolici in linea con le direttive conciliari”.

Orsola è stata recentemente rivalutata, rispetto alla posizione semplicistica di figlia d’arte, dagli studi del Professor Cottino e Marco Franzone, storico dell’arte, studioso di pittura antica, ne ha evidenziato le capacità artistiche e quelle organizzative, ricordando come Orsola sopravviva al padre per ben cinquantuno anni e lavori accanto al padre nella casa-convento solo per sei mesi. Franzone è poi passato ad una analisi stilistica delle quattro opere di collezioni private esposte in occasione del convegno, attribuite a Orsola Caccia. Il Gesù Bambino vegliato dalla Vergine e angeli, uguale ad un’analoga opere conservata nella chiesa parrocchiale di Bianzè, tranne che per un dettaglio: lo stemma, l’uno dei Gesuiti l’altro dei Tizzoni: “E’ un quadro molto bello che trasporta nell’universo emotivo di Orsola, che declina l’architettura del silenzio e può essere considerato come una sorta di manifesto emotivo”. Santa Cristina è stata descritta da Franzone come: “Un’immagine perfettamente devota, secondo i canoni della Controriforma, fatta per i fedeli”, mentre la  Maddalena penitente, è: “Un’immagine costruita in maniera arcaica, con la figura di profilo e tutti gli attributi tradizionali, ma con due elementi tipici di Orsola: i fiori raggruppati in mazzi e anche sparsi e il gruppo alberato, presente come una possibilità di conforto”. L’altra Maddalena è: “Eccezionalmente stravagante, ritratta nel momento in cui scende la grazia divina per completare il suo pentimento”. I colori squillanti, i dettagli “frivoli”, evocano l’universo materiale inquieto di questa Maddalena: “Anche qui tanti fiori recisi dipinti con meravigliosa varietà cromatica: è un’immagine atipica per Orsola, forse la materializzazione malinconica di qualcosa che la monaca di clausura non aveva mai conosciuto”.

La giornata di Moncalvo è stata un’occasione felice per conoscere qualcosa in più su Guglielmo e Orsola, applicando le conoscenze acquisite all’analisi di quadri che non avevano ancora un’attribuzione certa, ma soprattutto è stato valorizzato il lavoro di due giovani storiche dell’arte.

Piera Mazzone

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