Politica - 10 ottobre 2019, 08:32

Taglio di 345 parlamentari: e adesso che succede?

APPROVATA LA RIFORMA COSTITUZIONALE: I DEPUTATI SCENDONO A 400, I SENATORI A 200

Taglio di 345 parlamentari: e adesso che succede?

Dalla prossima legislatura saranno eletti 400 deputati anziché 630 e 200 senatori anziché 315 (restano quelli a vita con un massimo, in totale, di 5). Saranno ridotti gli eletti all’estero: i deputati da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4. La riforma costituzionale approvata martedì, fortemente desiderata dal Movimento 5S, è stata votata dai nuovi alleati di governo Pd e Leu (Liberi e uguali) che nei tre voti precedenti hanno votato no. Hanno cambiato idea dopo un accordo di maggioranza che prevede l’avvio, entro questo mese di ottobre, di 3 riforme costituzionali: 1) abbassamento dell’età per votare per il Senato da 25 a 18 anni; 2) taglio del numero dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica; 3) modifica della base regionale per il voto al Senato. E infine entro dicembre sarà presentato un progetto per una nuova legge elettorale con un ritorno al proporzionale.
La riforma costituzionale però non entrerà subito in vigore. Nei tre mesi successivi alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, potrebbe essere presentata una richiesta di referendum confermativo da parte di un quinto dei membri di una delle due Camere (quindi 126 deputati oppure 64 senatori), di 500 mila elettori oppure da cinque Consigli regionali. L’eventuale referendum confermativo, come quello del 2016 per decidere sulla riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi, non avrà bisogno del quorum.
Nonostante questa riforma risponda a un forte desiderio popolare, non è automatico però che l’elettorato si riavvicini alla politica. Facciamo un passo indietro.
Quando nel 1948 è entrata in vigore la nostra Costituzione non era stabilito un numero fisso di deputati e senatori, ma era fissata una regola fondamentale: era eletto un deputato per ogni 80.000 abitanti e un senatore per ogni 200.000 abitanti. I Costituenti non pensavano sicuramente che un deputato in più o in meno potesse distruggere il bilancio dello Stato, ma invece desideravano che ci fosse la più ampia rappresentatività della popolazione. Gli abitanti in Italia nel 1948 erano circa 46 milioni. Oggi, nel 2019, gli abitanti sono circa 14 milioni in più.
Con la riforma appena approvata, il numero degli abitanti per deputato aumenta dagli attuali 96.000 a 151.000 e il numero degli abitanti per ciascun senatore passa dagli attuali 188.000 a 302.000.
Questo era lo spirito dei Costituenti? Probabilmente no.
Non a caso la nostra Costituzione nell’elencazione dei “poteri dello Stato” fissa il Parlamento al primo posto. Il Parlamento repubblicano è il luogo centrale della rappresentanza politica plurale e non sicuramente «una scatoletta di tonno».
La riduzione dei parlamentari non si può etichettare con la demagogica ragione di taglio delle poltrone o di generica riduzione degli sprechi (-0,007% dei costi dello Stato), ma potrebbe rappresentare un tentativo di restituire dignità e ruolo all’organo centrale della nostra democrazia. Potrebbe. Ma soltanto se il nuovo Parlamento “ridotto” riuscirà realisticamente a essere rappresentativo del conflitto sociale e che le forze politiche in campo definiscano un reale compromesso. La situazione odierna è straziante: i deputati e i senatori si allineano alle decisioni e alla disciplina del partito di appartenenza a discapito della discussione e del confronto che dovrebbe esserci tra gli eletti. I partiti politici sono lacerati da guerre intestine, i confini tra maggioranza e opposizione sono ormai quasi invisibili e soprattutto le strategie politiche di lungo raggio sono state abbandonate perché l’azione politica è dominata esclusivamente dall’emergenza.
Lascia perplessa la prima affermazione del capo politico del Movimento 5S subito dopo la votazione di ieri: «Un terzo dei parlamentari in meno porterà ad una semplificazione perché con meno parlamentari avremo meno testi pieni di emendamenti, norme e contronorme che complicano la vita ai cittadini italiani».
Siamo certi che questo sia un nuovo inizio?
Che ci fosse bisogno di un cambio di passo alle regole istituzionali era indispensabile ma siamo sicuri che iniziare a ricostruire gli interni della casa quando dal tetto piove sia da considerare un fatto “storico”?
Nei prossimi mesi si capirà se la strada cominciata con il taglio dei parlamentari avrà una conclusione e, soprattutto, quale sarà. Ora di sicuro si vede soltanto che l’accordo tra Pd e M5S, di tenere la destra all’opposizione, con addirittura il cambiamento della Costituzione, non soltanto ha nuovamente mortificato il Parlamento, ma ha fatto segnare una nuova vittoria. Al populismo.

Pierluigi Lamolea

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