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Attualità | 04 ottobre 2015, 09:43

Il Ricovero antiaereo di piazza Cavour

TRACCE DI GUERRA: VISITE AI TUNNEL DOVE CI SI NASCONDEVA PER SFUGGIRE AI BOMBARDAMENTI

Nelle foto (di Cristiana Folin) il Ricovero antiaereo che si trova sotto Piazza Cavour a Vercelli

Nelle foto (di Cristiana Folin) il Ricovero antiaereo che si trova sotto Piazza Cavour a Vercelli

“Ti si appannerà l’obiettivo” 

“Pazienza lo pulirò spesso”

Inizia così la mia visita al Ricovero antiaereo di Piazza Cavour. La giornata è uggiosa ma non freddissima. La coda per accedere al rifugio è moderata intorno alle 10 di sabato 3 ottobre. Una bella iniziativa quella dei Teses condotti da Capitan Luigi Bavagnoli  e dai membri de “La Rete” di Vercelli. Un weekend dedicato alle  memorie ed ai racconti sulla Seconda Guerra Mondiale. Un modo per ricordare chi non c’è più, un modo per ricordare da dove proveniamo noi. 

Guardo con timore reverenziale la scala in metallo che mi condurrà nei tunnel sottostanti. Il dislivello è di tre metri circa. Si può fare senza paura nonostante l’entrata sia piuttosto stretta. Meno male. Luigi Bavagli è molto premuroso e gentile con tutti i visitatori che si apprestano alla discesa. Sotto le tende che fanno da sipario alla visita scorgo facce amiche. Alcuni fanno parte dell’organizzazione (Gianni Mercuri e Marco Reis), altri sono amici, incuriositi come me.

Mentre scendo sento l’aria scaldarsi ed appesantirsi. Percorro la pedana che mi introduce al tunnel. Il caldo è quasi insopportabile. L’obiettivo della mia reflex è in effetti molto appannato data la forte umidità. Lo ripulisco e provo a scattare. Il tunnel è percorso da due panche in cemento per tutta la sua lunghezza. Per l’occasione è stato trasmesso un sonoro piuttosto suggestivo. In sottofondo le sirene ed i bombardamenti. I muri colano acqua e le panche sono perlopiù uno specchio d’acqua. L’aria è difficile da respirare, ci si sente oppressi non tanto per l’altezza (il tunnel non è così claustrofobico come pensavo, anzi) quanto per il caldo. “D’estate qui fa freschissimo invece” mi dice Stefania Piccoli, moglie di Bavagnoli,  scesa poco dopo di me. Mi spiegano che i rifugi sono strutturati a zeta perché nel caso (malaugurato) fosse stata colpita l’entrata si sarebbe salvato almeno il secondo tunnel. Lo spostamento d’aria provocato dal bombardamento si sarebbe quindi fermato sulla parete di fondo rimbalzando indietro. Certo, per gli occupanti di quel tunnel non ci sarebbe stato più nulla da fare. Come successe per il Ricovero di Piazza della Stazione. La Guerra. Giriamo verso il secondo tunnel, passando davanti alle latrine “C’erano persino i bagni!” sento esclamare dietro di me. Nessuno di noi commenta. Il secondo tunnel è identico al primo, forse più caldo e umido. L’atmosfera è triste. Penso a chi qui si è seduto aspettando che passassero i bombardamenti. Penso a chi il rifugio non l’ha mai raggiunto. Penso molto puerilmente che noi la guerra non immaginiamo nemmeno cosa sia. Poi mi giro e vedo una coppia sorridente che si scatta un selfie nel primo tunnel. E penso che non c’è più limite al peggio. 

 

La visita al Ricovero antiaereo rientra nell'evento più ampio "Tracce di guerra 1945-2015". La prima ricostruzione storica e fotografica completa dei bombardamenti aerei su Vercelli a cura di Maurizio Roccato. Qui i dettagli: https://www.facebook.com/events/185245421807488/

Cristiana Folin

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